Presentato nei giorni scorsi a Milano il primo osservatorio sul mercato immobiliare di Nomisma che analizza la congiuntura immobiliare con uno specifico focus su 13 città di medie dimensioni, da nord a sud del Paese. Ciò che emerge è un quadro di fragilità confermato dal fatto che al crescere delle transazioni, vicine ormai a quota 580mila, non corrisponde una crescita dei prezzi altrettanto significativa. Sul fronte delle quotazioni si conferma anzi una flessione, sia pure con un trend in progressivo rallentamento.
I mercati delle 13 città di medie dimensioni monitorati – Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno, Taranto, Trieste, Verona – presentano una variabilità dei prezzi più contenuta rispetto alla distribuzione degli stessi sull’intero mercato italiano.
Su base annua i prezzi delle abitazioni in questi mercati hanno subito una riduzione dell’1,2%, mentre l’evoluzione dei canoni è prossima all’invarianza, con una variazione pari a -0,2% su base annua. Considerando invece gli immobili d’impresa il calo dei prezzi si attesta nell’ordine del -1,5% e quello delle locazioni intorno al -1%.
I tempi di assorbimento delle abitazioni in questi mercati si attestano in media nell’ordine dei 7,3 mesi. Sul fronte delle locazioni, invece, i tempi per affittare sono più bassi e convergenti nelle 13 città e si attestano in media intorno ai 2 mesi e mezzo.
Quanto alla domanda di abitazioni, si rileva una lieve prevalenza della ricerca di una casa di proprietà (52%) rispetto alla soluzione in affitto (48%). Tra le città monitorate si registrano comunque differenze di combinazione tra forme di possesso: si passa dal 30% di domanda di locazione registrato a Livorno e a Trieste, al 60% rilevato a Modena e a Verona. Non è un dato trascurabile e conferma l’immagine di un Paese più mobile rispetto al passato, ma anche la presenza sul mercato di una domanda di utilizzo temporaneo in crescita, passata in un anno dal 12% al 16,3%.
L’acquisto per investimento, infine, nelle città monitorate riguarda il 14,2% della domanda.
Gli effetti del nuovo scenario macroeconomico sul mercato sono difficilmente prevedibili, ma è indubbio un deterioramento sia del clima di fiducia degli operatori sia degli indicatori previsionali. Se sul versante delle compravendite si profila una sostanziale stabilizzazione dell’attività sui livelli del 2018, su quello dell’evoluzione dei prezzi l’agognato raggiungimento dell’invarianza risulta ulteriormente posticipato.
A livello nazionale sembra, dunque, profilarsi una frenata nel processo di progressivo irrobustimento della crescita che caratterizza, ormai da qualche tempo, il settore residenziale.
Nomisma ritiene che l’insorgere di tensioni istituzionali e i riflessi di carattere finanziario a cui hanno dato luogo siano i principali fattori a cui ricondurre la flessione degli investimenti immobiliari corporate registrata lo scorso anno (dagli 11 miliardi del 2017 agli 8,6 del 2018) e l’attendismo che caratterizza i primi mesi di questo. A penalizzare il comparto ha contribuito l’accresciuta percezione di rischiosità del nostro Paese, scaturita dalla contrapposizione con la Commissione Europea sugli obiettivi in termini di rapporto deficit-PIL e acuita dal rallentamento economico in atto.
In attesa del superamento dell’impasse economico-finanziaria venutasi a creare, il mercato immobiliare evidenzierà nell’immediato un minore dinamismo rispetto all’evoluzione recente. Secondo Nomisma non si tratta di un’inversione ciclica ma di una battuta d’arresto indotta da fattori esogeni che non pare in grado di pregiudicare la possibilità di ulteriore espansione a medio termine, sempre che i segnali di recessione economica, oggi ancora timidi, non tendano a rafforzarsi.