Presentata ufficialmente questa mattina in Triennale a Milano, 784 è una poltrona-scultura progettata e realizzata da Carlo Colombo assemblando appunto 784 barre di alluminio pieno di sezioni diverse, tagliate e finite in modo da rendere ergonomica la seduta.
Dunque è progetto, svolge la funzione di poltrona, ma si colloca in posizione ibrida tra l’oggetto d’arredo e il multiplo d’arte, anche perché la 784 sarà prodotta in soli 9 esemplari, firmati e numerati dall’autore.
Qual è allora, se esiste ancora, la differenza tra arte e design?
Secondo lo storico, collezionista e critico d’arte Vittorio Sgarbi (che introduce anche il volume dedicato alla 784, Prearo Editore), un’opera d’arte non ha funzioni pratiche da assolvere: un letto, sia pure prezioso, bellissimo e di design, rimane un letto finchè l’artista non lo manipola; solo allora diventa il Bed di Rauschenberg e viene esposto al MoMA, ma appeso a una parete, affinchè sia chiaro a tutti che non è più un letto.
Tuttavia, nella componente artistica della 784 Sgarbi non può fare a meno di individuare strette similitudini con i lavori degli anni Sessanta di Victor Vasarely e con tutto ciò che venne poi chiamato Op Art.
D’altra parte, prima di diventare industrial design il progetto d’arredo si chiamava arte decorativa (agli albori la stessa Triennale era ufficialmente intitolata esposizione triennale delle arti decorative e industriali). E del resto, se osservato dal punto di vista del mercato il dilemma arte-design oggi appare molto meno contradditorio di quanto possa sembrare: mentre scende il potere d’acquisto della classe media a cui si rivolgeva il design industriale cresce nel mondo il numero di super-ricchi che consumano arte, e cresce con essi la domanda di oggetti esclusivi e unici, la cui funzione risulta del tutto secondaria rispetto al valore dell’investimento.
In 784 vediamo tutto questo: certo la sensibilità, il gusto, la conoscenza dei materiali e delle tecniche di lavorazione e l’abilità progettuale di Carlo Colombo, architetto e designer pluripremiato; ma anche un’idea di marketing intelligente in tempi in cui le royalties sono diventate una chimera e molti giovani designer promettenti si dedicano all’autoproduzione.