Il 21 aprile l’annuncio: su 40 candidature, vincitore del concorso nazionale per il padiglione del Messico a Milano 2015 è Francisco López Guerra. Noi lo abbiamo intervistato-
Decise di studiare progettazione nel periodo in cui furono inaugurati l’Hotel Camino Real di Ricardo Legorreta e il Museo Nazionale di Antropologia di Pedro Ramírez Vázquez, esempi di un’architettura che affonda le proprie radici nella tradizione messicana. Nelle sue parole, l’architettura “è un modo di esprimermi, un lavoro che è impresso nella mia anima e nella mia mente fin da quando ero bambino”.
Come si sviluppa un’idea di progetto?
Un’idea per me è un riassunto di tutto ciò che ho potuto imparare nella vita. È un processo che si sviluppa nella mente come nell’anima e che alla fine si traduce in linee. È una specie di “muscolo” che gli architetti devono sviluppare prima all’interno della propria mente, poi con la matita. È importante viaggiare, vedere e sentire gli spazi, le sensazioni spaziali che percepisci e metabolizzi in un secondo tempo, riprendendole affinché si traducano in linee.
Schizzo della pianta (livelli 0,00 e +3,00) e della sezione del padiglione (©López-Guerra – Museotec)
Chi l’ha influenzata maggiormente?
Ho avuto l’opportunità di lavorare con maestri come Ramírez Vázquez e Legorreta, che basavano il proprio modo di esprimersi sul riconoscimento delle radici della cultura messicana, valori che hanno influenzato il mio lavoro.
Lei ha realizzato numerosi spazi espositivi e molti padiglioni. Come ha iniziato?
È stato proprio negli anni in cui ho frequentato Ramírez Váquez che ho sviluppato il mio entusiasmo per questi temi progettuali.
Come nasce il progetto del Padiglione del Messico per l’Expo di Milano?
Il progetto nasce dal tema delle foglie che avvolgono la pannocchia di mais, un’idea che ci ha permesso di esprimere la ricchezza dei prodotti che il Messico ha esportato in tutto il mondo. L’architettura è stata quasi totalmente il risultato della forza del concetto di partenza. Credo che il nostro processo di lavoro, mio e dei miei collaboratori, sia sempre stato sviluppare la forza di un concetto, di arricchirla e moltiplicarla.
Qual è il suo metodo?
Oltre ad assumere come propri i principi di Vitruvio – firmitas, utilitas, venustas – credo che la regola fondamentale risieda nella forza dell’idea e nel capire come trasmetterla. Si ripete una costante: tutta la forza del contenuto si riflette nel contenitore.
È una regola che ha applicato anche per il progetto di Milano?
Certamente, e credo sia stata la chiave del successo del progetto. Se la forza del concetto si sviluppa nel contenuto, essa deve essere espressa anche dal contenitore, dalla sua forma, devono parlare la stessa lingua.
Il tema nutrire il pianeta dell’Expo di Milano guarda al futuro. Lei come vede il futuro?
Abbiamo sempre trovato il modo per andare avanti e sempre sono emerse opportunità e questioni che necessitano di essere sviluppate in architettura. Esiste un equilibrio tra l’artificiale e il naturale, tra le nuove cose che l’uomo realizza e il contesto già esistente e, se non sappiamo ciò che cerchiamo, rischiamo di rompere questo accordo dando inevitabilmente origine a problemi.
Flor Nasheli Santacruz Motte
Tema Messico, il seme per un mondo nuovo: cibo, diversità ed eredità Progetto Francisco López Guerra Almada Collaboratori Jorge A. Vallejo García, Juan Guzzy Superficie 1.910 mq(©López-Guerra – Museotec)