Le aziende con certificazione ambientale crescono più delle altre. Questa la principale conclusione del rapporto “Certificare per competere” elaborato da Symbola e Cloros e presentato la scorsa settimana a Milano.
Con oltre 24mila certificazioni siamo il secondo paese al mondo per numero di certificati ISO 14001, il primo per numero di certificazioni di prodotto EPD, il terzo per Ecolabel ed EMAS. E siamo il quinto paese del G20 per certificazioni forestali di catena di custodia FSC.
Prendendo in considerazione i quattro settori tradizionali del made in Italy, Automazione, Abbigliamento, Arredocasa, Alimentari – le cosiddette 4A – il rapporto mette a confronto le perfomance delle aziende certificate con quelle delle non certificate. Con risultati eloquenti. In piena crisi, tra il 2009 e il 2013, le imprese delle 4A amiche dell’ambiente hanno visto i loro fatturati aumentare, mediamente, del 3,5%, ovvero quasi il doppio delle altre. Ancor meglio nell’occupazione, dove le aziende certificate hanno visto crescere gli addetti del 4%, le altre solo dello 0,2%.
E se le certificazioni giovano a tutte le imprese, alle medio-piccole mettono le ali: le PMI (fino a 50 addetti) con certificazione ambientale registrano uno spread di +4 punti nel fatturato.
«Le certificazioni ambientali – afferma il presidente di Symbola Ermete Realacci – sono uno strumento che aiuta crescita, innovazione ed export. Non vanno considerate come una pratica burocratica da adempiere, ma come un elemento determinante nel cammino verso la qualità. Una certificazione ambientale porta con sé vantaggi nei bilanci, più qualità, migliori rapporti con i consumatori, il territorio, la società e la PA; rafforza quella tensione innovativa che è il cuore della sostenibilità e della green economy. Marchi e certificazioni amici dell’ambiente aiutano anche a contrastare i mutamenti climatici e spingono l’Italia nella direzione indicata dalla Cop21 di Parigi».
«Abbiamo promosso questo Dossier per fare chiarezza nel mondo delle certificazioni, un grande valore ad oggi poco conosciuto e sfruttato – dichiara Riccardo Caliari, a.d. di Cloros – Come imprenditore ho la necessità di capire concretamente il legame tra le certificazioni e le performance aziendali; mi sembra indubbio che dalla ricerca sia emerso un legame diretto ed inequivocabile. Dobbiamo ora lavorare su due fronti per far sì che gli obiettivi di contenimento dei cambiamenti climatici diventino un’opportunità e non un problema: da un lato fare informazione verso il consumatore finale sui marchi ambientali e dall’altro fare capire alle aziende che hanno la grande possibilità di creare un vantaggio competitivo».
Ma la diffusione delle certificazioni ambientali è tutt’altro che capillare e le potenzialità di questo sistema non sono sfruttate al meglio, per diverse concause, tra cui una inadeguata conoscenza delle certificazioni e dei loro benefici da parte delle imprese che potrebbero adottarle, un deficit dell’azione pubblica in sostegno a questi strumenti e la scarsa alfabetizzazione dei consumatori finali. C’è ancora da lavorare e sia la politica, che enti certificatori e aziende devono fare di più per raggiungere una maggiore diffusione delle certificazioni ambientali così da renderle un fattore strutturale nella crescita qualitativa del sistema produttivo italiano.