Alla sua settima edizione, Edit Napoli conferma la vocazione a essere un luogo di confronto tra ricerca e produzione, cultura e impresa per il design indipendente. Con l’edizione 2025, la manifestazione fondata da Domitilla Dardi ed Emilia Petruccelli ha consolidato il proprio modello curatoriale, che unisce esposizione e dialogo con il territorio.

La nuova sede principale de La Santissima ha ampliato la superficie espositiva e rafforzato il legame con la città, mentre i tre musei del Vomero – Certosa di San Martino, Castel Sant’Elmo e Villa Floridiana – hanno ospitato Edit Cult, programma parallelo dedicato a installazioni e interventi site-specific che mettono in relazione design e patrimonio architettonico.

Numerosi espositori, con una significativa presenza internazionale, hanno animato gli spazi, mentre il pubblico di architetti, buyer, curatori e giornalisti è cresciuto del 15% rispetto all’anno precedente. L’edizione 2025 ha ribadito la centralità della materia. Nei progetti di lapiegaWD, Rehub, Incalmi, Forma&Cemento, RIPA con Colori Decora il materiale viene trasformato, ibridato o reinterpretato per generare nuove superfici e strutture, non semplicemente per definirne l’aspetto finale.

Le superfici non si limitano a rappresentare un’estetica, ma portano con sé una storia di stratificazioni, reazioni chimiche e gesti artigianali. La lampada Inrō di Atelier Nuanda – menzione speciale della giuria – mostra come l’uso dell’alluminio, pensato per la dissipazione del calore, possa diventare elemento estetico e costruttivo.

Un altro segnale arriva dalle collaborazioni tra progettisti e realtà produttive emergenti. Chroma Objects, la nuova linea di arredo del brand beneventano Chroma, segna il passaggio dall’esperienza industriale nei materiali compositi a una ricerca sulle forme dell’abitare. Tra le proposte presentate a Napoli: la collezione Due Sicilie di Debonademeo Studio e il progetto Strapuntino di Gae Avitabile Studio.

Scapin Collezioni conferma la propria capacità di unire artigianato e sperimentazione con Loopadelic, serie di specchi disegnata da Studio Milo, e con Spectrum, console sviluppata all’interno di Scapin Lab. Entrambi i progetti riflettono la volontà del brand di esplorare il colore e la luce come materia architettonica, attraverso superfici dinamiche e riflessi cangianti.

Il lavoro giocoso di Pietro Corraini e le proposte di Eleit.it evidenziano come la sperimentazione possa attraversare filiere, mescolando industria e microproduzione. In questo senso, Edit costituisce un laboratorio dove l’impresa riscopre la dimensione culturale del progetto e i designer testano nuove forme di dialogo con il mercato.

Anche quest’anno Napoli è stata parte integrante del format. L’interazione tra i luoghi della città e le installazioni di Edit Cult trasforma la visita in un’esperienza spaziale più che espositiva.
Dal linguaggio materico di Ranieri e Diego Rivero Borrell, ai giochi-sculture di Luca Boscardin per Magis a Castel Sant’Elmo, ai progetti di Elena Salmistraro per Officine Tamborrino (con la collaborazione di Kerakoll, Bottega Intreccio e Flaminia) e Marta Sala Éditions a Villa Floridiana, fino ai lavori di Azucena (in apertura), Poltronova e Álvaro Catalán de Ocón alla Certosa di San Martino, ogni intervento ha messo in relazione architettura e racconto progettuale.


L’impostazione curatoriale di Edit – basata su criteri di selezione e non su dimensioni commerciali – rappresenta oggi un modello alternativo rispetto ai grandi eventi fieristici. In un momento in cui il design cerca nuove forme di legittimazione culturale, Edit Napoli 2025 ribadisce la centralità del progetto come pratica di conoscenza.

La materia, il gesto, la trasformazione e la relazione con il territorio diventano strumenti per ridefinire il rapporto tra designer, azienda e architettura. Una piattaforma che guarda alla produzione non come risultato, ma come processo – e che fa di Napoli un luogo dove il design torna a essere, prima di tutto, un fatto di cultura.
