A Milano nel quartiere Barona, Altatto ha aperto un nuovo ristorante che riflette la sua evoluzione e il desiderio di trasformare l’accoglienza in un progetto architettonico. Le fondatrici Cinzia De Lauri e Sara Nicolosi hanno coinvolto l’artista e designer Nicola Lorini, alla guida della pratica interdisciplinare The Present Tense, per immaginare un ambiente capace di tradurre la loro visione in un linguaggio architettonico fatto di luce morbida, superfici vive e gesti calibrati.

La cucina, completamente a vista, rappresenta il centro attorno a cui si organizza il ristorante: un blocco di pietra scolpito e continuo, con volumi morbidi e innesti artigianali che sembrano modellati a mano. È qui che la materia si fa presenza, come nel grande lavabo in serpentino verde che introduce un gesto scultoreo e quasi rituale all’ingresso della sala.

A fianco di Lorini, l’architetta Cristina Raimondi ha coordinato gli aspetti strutturali e tecnico-amministrativi del progetto, garantendo continuità tra visione e realizzazione.

Tre ambienti si susseguono senza gerarchie, divisi dai pannelli in feltro Woal disegnati da Maddalena Selvini, che firma anche i piatti, i bicchieri e le lampade realizzati in porcellana utilizzando scarti di pietra ollare. In tavola anche i bicchieri in vetro di Murano della collezione Filigrana, progettati da 6:AM e realizzati con la tradizionale tecnica muranese a canne.

La palette materica — multistrato, ferro, alluminio, legno intagliato, lana, pietra — costruisce un lessico che unisce rigore modernista e sensibilità manuale, evidente sia negli arredi in ferro grezzo sia nel grande mobile contenitore in legno scuro, disegnato con una precisione quasi grafica.

Modellato in gesso e fibre vegetali insieme all’artista Sara Ravelli, il pass – il piano di servizio dove i piatti vengono posati prima di arrivare ai tavoli – introduce una presenza plastica che richiama le forme del primo Novecento, mentre la sedia sviluppata con Work In Design definisce un segno leggero, essenziale, perfettamente coerente con lo spirito del luogo.

Si compone così un interno che non cerca effetti, ma equilibrio: luce bassa e puntuale, dettagli scolpiti, materiali lasciati parlare nella loro natura. Il progetto restituisce ad Altatto un’identità chiara, misurata, materica, dove architettura e gesti quotidiani costruiscono un unico paesaggio.
