Nel programma di Rebuild 2016 anche un panel internazionale condotto dal direttore scientifico di Ioarch Carlo Ezechieli. Il tema è il rain management, argomento che assume rilevanza crescente perché intimamente connesso con la crescente urbanizzazione del territorio e la conseguente impermeabilizzazione del suolo da un lato e con le minacce legate ai cambiamenti climatici dall’altro.
L’appuntamento è per le 9 del 21 giugno a Riva del Garda con il seminario Acqua: da minaccia a oro blu.
Carlo Ezechieli coordinerà gli interventi di Andy Clayden, dell’università di Sheffield, e dell’ingegnere Riccardo Bresciani, della società Iridra di Firenze. Verranno presentati casi nazionali e internazionali per approfondire le differenti soluzioni architettoniche e del paesaggio capaci di trasformare il ciclo dell’acqua da pericolo a opportunità e fattore di resilienza urbana.
hard e soft engineering nella gestione dell´acqua a confronto. Il diagramma è tratto da Low Impact Development, a design manual for urban areas, ©University of Arkansas. Community design center UACDC |
Al tema del rain management IoArch aveva dedicato un ampio servizio sul numero 62, introdotto con L’architettura dell’acqua. La progettazione del ciclo delle acque come tema di architettura e opportunità, un contributo alla progettazione nel XXI secolo che riportiamo qui.
Pur con marcati rallentamenti che, specialmente in Europa, hanno interessato il settore all’edilizia, il processo di cementificazione sembra manifestarsi su scala globale come virtualmente inarrestabile. La progressiva riduzione della permeabilità dei suoli connessa alla sostituzione di superfici prevalentemente verdi con aree pavimentate, non è tuttavia priva di conseguenze ambientali.
L’acqua è infatti un incredibile solvente, capace di attivare innumerevoli scambi e processi a livello biofisico che stanno alla base delle capacità di rigenerazione dell’ecosistema: la “sigillatura” dei suoli è una pratica che, in modo particolarmente aggressivo, interviene interrompendoli. Viene meno la funzionalità dei cosiddetti Ecosystem Services – ovvero tutti i processi di depurazione dell’aria, dell’acqua, di rigenerazione di risorse messa continuamente e gratuitamente a disposizione dall’ecosistema – che si traduce infine in nocive concentrazioni di inquinanti.
Una ricerca condotta nel 2002 dalla Regione metropolitana di Portland negli Stati Uniti dimostra che quando nell’ambito di un bacino idrografico le superfici non drenanti arrivano al 10%, gli ecosistemi cominciano a dare segni di degrado. A una copertura di oltre il 30% corrisponde un degrado critico, praticamente irrisolvibile. Il decadimento degli Ecosystem Services è anche un motivo di spesa, e pertanto di impoverimento economico, dato che per ottenere gli stessi risultati di depurazione e rispristino delle condizioni ambientali, o anche solo di drenaggio, attraverso impianti e sistemi tecnologici – come depuratori, filtri, accumuli e infrastrutture tecniche – è costoso sia in fase di realizzazione che di gestione. Il tutto senza contare che le moderne fognature, pur seguendo i vecchi corsi d’acqua, non sono mai in grado di gestire il runoff (il deflusso di acqua piovana dal sito) con lo stesso livello di efficienza della natura, e questo si traduce in una fondamentale perdita di resilienza – inesorabilmente all’origine di inondazioni e dissesti – di fronte ai sempre più ricorrenti eventi meteorologici estremi.
Ma cosa succederebbe se le infrastrutture di gestione delle acque reflue urbane, emulando i sistemi naturali, diventassero una risorsa anziché una responsabilità economica e ambientale? Se tutto il denaro investito in infrastrutture idrauliche nascoste nel sottosuolo fosse trasferito in superficie in un sistema differente ma che assolve ai medesimi servizi? E se questo nuovo sistema, come in passato, diventasse una vera e propria architettura, capace di rigenerare situazioni compromesse e arricchire luoghi, edifici e città non solo dal punto di vista ambientale ma anche con spazi belli e piacevoli: giardini, piazze, fontane?
Questo numero di IoArch parte col proposito di raccogliere, inquadrare e spiegare, attraverso casi ed esempi, modalità evolute di progettazione urbana e del paesaggio che molto da vicino riguardano anche i singoli edifici. Vedremo i progetti degli scandinavi SLA Architekten, degli olandesi De Urbanisten, ormai internazionalmente celebri con un geniale progetto di piazza/bacino di accumulo di Bethemplein a Rotterdam, con le Constructed Wetlands (aree umide artificiali) dello studio italiano Iridra e con molti altri progetti. Ognuna di queste esperienze è riconducibile a una modalità di intervento definita anche Low Impact Development (Lid), e gravita attorno al grande tema della gestione del ciclo delle acque. Un tema emergente, particolarmente denso di potenzialità, che nei prossimi anni non solo darà molte opportunità di progetto e di lavoro ma che può rivoluzionare, migliorandolo, il nostro modo di progettare e trasformare spazi e città”.
architetture per l´acqua: il pozzo sacro di Chand Baori in India (foto CC Chetan) |