A Marmomac esperimenti tra pietra naturale e intelligenza artificiale

In mostra settimana scorsa a Marmomac le ultime applicazioni del digitale per un utilizzo consapevole del marmo: dalla stampa 3D all’Intelligenza Artificiale.

Giuseppe Fallacara, professore di Progettazione Architettonica del Politecnico di Bari e curatore della mostra Marmomac meets Academies, ha spiegato che oggi, grazie alla stampa 3D, fino all’80 per cento del materiale lapideo può essere riutilizzato. In mostra, a dimostrazione di questo assunto, prototipi fisici di utilizzo delle polveri e dei prodotti sottili di frantumazione che, combinati con leganti di diverso tipo, attraverso la stampa 3D possono essere reimmessi sul mercato dell’edilizia, come materiale ricomposto in nuovi blocchi.

«Stiamo sperimentando le performance strutturali ed estetiche di questi prodotti che potrebbero dare nuova linfa al mondo delle costruzioni – ha proseguito Fallacara. Oltre al re-impiego creativo, la produzione litica si può rendere più sostenibile riducendo lo scarto di lavorazione. Anche in questo caso la tecnologia fornisce una risposta che riprende l’antica tecnica michelangiolesca della scultura: visualizzare in anticipo le forme del progetto, in modo da sprecare la minor parte possibile del blocco di pietra grezza. Lo spunto arriva dal mondo antico ma guarda al futuro».

 

Giuseppe Fallacara, curatore della mostra marmomacc meets Academies (ph. ©VeronaFiere EnneVi).

 

L’aiuto in questo caso arriva dall’intelligenza artificiale. L’ultima frontiera è la l’applicazione dell’AI allo studio di generazione delle forme: programmi avanzati di computation design e digital fabrication guidano bracci robotici e frese numeriche precise al decimo di millimetro che hanno il compito di lavorare il marmo, riducendone al minimo gli sprechi e ottimizzando dal punto di vista strutturale.

Come nella scultura “Fragment” di Andreas Senoner (nella foto di apertura), eseguita in tempo reale durante i quattro giorni di manifestazione, realizzata da un braccio meccanico robotico in azione continua. L’atto di creazione dell’opera tende alla circolarità grazie al filtraggio a pressa dell’acqua di lavorazione, che ne consente il totale riutilizzo (materiali di Cammeo Imperiale di Cereser Marmi, produzione di  Donatoni Group, trattamento di filtraggio Dal Prete, parte tecnica curata da PolyPiù).

O ancora, nella seduta ‘Coral Sitting’ dell’architetto Massimo Russo, un elemento monolitico in pietra di Apricena (fornito da Chirò Industria Marmi) progettato tramite algoritmi installati poi nelle machine a controllo numerico di Helios Automazioni (produzione di Tortuga_Lab Sant’Aceto).

Massimo Russo, Coral Sitting

© 2020 IoArch. All Rights Reserved.

Scroll To Top