Biennale Architettura, Leone d’Oro Speciale alla Memoria di Italo Rota

Sono due i Leoni d’Oro alla carriera proposti da Carlo Ratti per la 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di VeneziaIntelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva e approvati dal Cda di Biennale: a Donna Haraway e alla Memoria di Italo Rota, scomparso il 6 aprile 2024.

La cerimonia di premiazione e inaugurazione della Biennale Architettura 2025 si terrà sabato 10 maggio a Ca’ Giustinian.

Il Leone d’Oro Speciale alla Memoria sarà ritirato da Margherita Palli, compagna di vita e di lavoro di Italo Rota.
Scenografa e costumista, Palli partecipa altresì alla Biennale Architettura 2025 con il progetto collettivo Material Bank: Matters Make Sense.

 

Italo Rota in un ritratto di Claudio Moschin

 

«L’avventura della Biennale Architettura 2025 – ha detto il curatore Carlo Ratti – iniziò insieme a Italo Rota alla fine del 2023. Si interruppe tragicamente con la sua scomparsa avvenuta un anno fa. Per questo motivo, sono particolarmente contento che il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia abbia accettato la mia proposta di conferire a Italo l’alto riconoscimento del Leone d’Oro Speciale alla Memoria. Italo Rota è stato un precursore – ha proseguito Ratti. Nella sua vita ha avuto la straordinaria capacità di attraversare il secondo Novecento e il primo quarto del nuovo secolo, volando al di sopra degli stili e delle maggiori culture del design, affermandosi come una delle figure più originali dell’architettura italiana ed europea. Uomo dalla cultura sconfinata, appassionato collezionista e ricercatore nonché maestro generoso, ha contributo alla creazione di alcuni dei luoghi della cultura più influenti in Europa negli ultimi decenni, con progetti come il restauro del Musée d’Orsay a Parigi e il Museo del Novecento a Milano».

In precedenza il Leone d’Oro speciale alla Memoria era stato attribuito a Lina Bo Bardi (1914-1992); all’architetto giapponese Kazuo Shinohara (1925-2006). Inoltre, il Leone d’Oro Speciale era stato attribuito nel 2020 all’architetto Vittorio Gregotti (1927-2020), direttore artistico del settore arti visive della Biennale dal 1975 al 1977, che di fatto ha introdotto nell’istituzione l’architettura, organizzando diverse mostre significative per questa disciplina.

Donna Haraway, ph. ©Clara Mokri

 

Distinguished Professor Emerita presso il Dipartimento di Storia della Coscienza dell’Università della California, Santa Cruz, Donna Haraway (Denver, 1944), Leone d’Oro alla carriera, si occupa di studi sulla scienza e la tecnologia, di cui esplora le implicazioni filosofiche, politiche e culturali, con un approccio interdisciplinare che intreccia teoria femminista e studi multispecie.

Di lei, Caro Ratti afferma che si tratta di «una delle voci più riconoscibili del pensiero contemporaneo a cavallo tra scienze sociali, antropologia, critica femminista e filosofia della tecnologia. Negli ultimi quattro decenni ha saputo esplorare, in maniera multidisciplinare e con una costante capacità di invenzione linguistica, temi come l’impatto dell’evoluzione tecnologica sulla nostra natura biologica, o i modi in cui il contesto ambientale del Chthulucene [considerare l’umanità come parte integrante di un sistema più complesso nel quale la scomparsa di ogni singolo elemento su riverbera sull’intero, dal suo libro Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Nero Edizioni, Roma, 2019, NdR]  stiano ridefinendo i confini tra umano e non umano. Haraway ha inventato questa definizione come alternativa al termine “Antropocene”, normalmente usato per definire l’impatto umano sulla Terra, per enfatizzare l’urgenza della coesistenza e della simbiosi con altre specie.
Quale che sia la prospettiva che si adotta nel leggere la convergenza delle molteplici forme di intelligenza nel plasmare il nostro futuro
– ha proseguito Ratti – il pensiero di Donna Haraway si ripropone sempre come imprescindibile. Il suo lavoro e la sua filosofia, dalla radicale natura critica e al contempo ottimista e immaginativa, si distinguono per il loro impegno nel creare mondi alternativi: visioni positive in cui le difficoltà del presente possano essere superate o mitigate attraverso la creazione di nuovi miti e la coltivazione di nuove forme di parentela. Il suo contributo al modo in cui s’intendono la scienza, la tecnologia, l’etnia, il genere, la geografia e la storia ambientale dell’umanità ha lasciato segni indelebili nello studio di ciascuno di questi concetti, ed è evidente che abbia dato il via all’idea che le intelligenze naturali, artificiali e collettive agiscano insieme.
Mentre i progettisti – ha concluso – si confrontano con un presente in rapida trasformazione, in cui natura, tecnologia e società manifestano sintomi di divergenza dal mondo per come lo conosciamo, la teoria di Haraway ci dà forza e le sue osservazioni ci guidano. Riconosciamo con gratitudine la letteratura visionaria che ha creato nel corso della sua vita e che dona al futuro e celebriamo le ispirazioni che il suo pensiero offre all’architettura, espresse in questa Mostra e al di là di essa».

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