L’artista e direttore creativo Christoph Radl, nato in Svizzera ma italiano d’adozione dagli anni Settanta, è il protagonista fino al 28 febbraio dell’esposizione Fat Boy negli spazi della galleria Antonia Jannone Disegni di Architettura di Milano.

In mostra, 60 acquerelli con protagonista un fat boy ispirato alle figure della ceramica dei Mimbres, civiltà precolombiana del New Mexico.
Per secoli i Mimbres hanno prodotto una serie di manufatti – tazze, piatti e ciotole – decorati quasi esclusivamente all’interno con motivi geometrici, spirali, zig-zag, animali, scene di caccia e rituali.
Erano micro-universi, mondi non solo decorativi, dal momento che, spesso, questi oggetti avevano anche una funzione funebre: venivano infatti posizionati sul volto del defunto in fase di sepoltura, con l’emisfero decorato capovolto sugli occhi chiusi. Lo spiega Christoph Radl: «Così lo spirito del morto aveva un emisfero capovolto, come una metafora del cosmo, con le immagini del suo mondo intimo, davanti ai suoi occhi spenti».

Tra tutti i soggetti dell’immaginario decorativo dei Mimbres, quello che ha più colpito Radl è una figura umanoide con occhi spalancati, uno sguardo impaurito e curioso.
L’artista ha scelto di far compiere a questo soggetto, da lui ribattezzato Fat Boy, un viaggio nella storia dell’arte, nella quale inizialmente si muove in modo goffo e poi sempre più sicuro.

Fat Boy attraversa così la storia dell’arte confrontandosi con Mantegna, Raffaello, Kounellis, Picasso, Matisse, Baselitz, Cattelan.
«Così quando incontra Georg Baselitz fa subito la verticale e poco dopo con Andrea Mantegna si sdraia su un tavolo per essere visto nella giusta prospettiva. Nel momento in cui vede la rosa nera di Jannis Kounellis se ne appropria per provare qualche istante dopo a mettersi in una delle posizioni accasciate che lo divertivano tanto nelle posture contorte delle ragazze di Pablo Picasso. E poi è arrivato il giorno dell’incontro con Le tre Grazie di Raffaello».
