Da qui al 2100 la temperatura media del pianeta dovrebbe aumentare di 1,5°C, tuttavia vi sono aree, come la regione alpina, dove si prevede che questo incremento sarà del doppio. A Losanna per esempio, dove la temperatura media attesa nel 2100 potrebbe essere quella attuale di Perugia.
Ai prevedibili disastri causati dal cambiamento climatico in corso – innalzamento del livello degli oceani, alluvioni, siccità e conseguenti sconvolgimenti sociali – ovviamente si aggiungono quelli che riguardano il comfort abitativo, sia all’interno degli edifici sia negli spazi aperti della città, dove si concentra la maggior parte della popolazione e che consumano i tre quarti dell’energia prodotta.
I ricercatori dell’École Politecnique Fédérale di Losanna (Epfl) hanno preso in considerazione il campus nel suo insieme come se si trattasse di una vera e propria piccola città per identificare specifiche soluzioni in grado di considerare biometeorologia e architettura come parti di una medesima strategia per identificare soluzioni da implementare in un futuro ormai prossimo.
«Mentre siamo tranquillamente in grado di quantificare il livello di comfort climatico e le condizioni di luminosità all’interno degli edifici, data la quantità di variabili che entrano in gioco è molto difficile fare lo stesso per gli spazi esterni» afferma Silvia Coccolo, ricercatrice del laboratorio sull’energia solare e la fisica degli edifici (Leso-Pb) dell’Epfl, che su questo tema ha sviluppato la sua tesi di dottorato all’Epfl. Vento, isole di calore, ponti termici, superfici pavimentate o meno: questi e altri gli aspetti che, come in una vera città, danno luogo ad una dozzina di microclimi differenti identificati all’interno del campus anche partire da osservazioni empiriche come quella di vedere dove le persone preferiscono passeggiare e sedersi nelle diverse stagioni dell’anno.
Coccolo prosegue: «per quantificare il comfort termico occorre prendere in considerazione due aspetti importanti: il bilancio energetico tra il calore assorbito dal corpo e quello emesso, che è un dato oggettivo, e la percezione psicologica di benessere, che invece è un dato soggettivo». La maggior parte dei microclimi urbani sono il prodotto degli edifici, del loro orientamento e del modo con cui sono stati progettati. Per esempio, nel campus dell’Epfl il percorso esterno dell’ Avenue du Tir-Fédéral è un tunnel del vento, mentre la singolare architettura del Rolex Learning Center (Sanaa) crea fluttuazioni irregolari di temperatura e correnti d’aria. Ovviamente, gli ambiti boscosi giocano un ruolo fondamentale nella mitigazione del calore estivo.
Il Rolex Learning Center progettato da Sanaa all´interno del campus dell´Epfl (foto Creative Commons Mikado1201) |
Dopo avere definito il bilancio energetico del campus, Coccolo ha preso in esame i singoli edifici che lo compongono e l’effetto che ogni edificio esercita su quelli vicini. L’aumento della temperatura sarà percepito di più negli spazi costruiti che nei parchi e nei boschi: «la vegetazione modera i microclimi e blocca le radiazini solari e infrarosse, la traspirazione delle piante abbassa la temperatura dell’aria e gli alberi forniscono ombra – dice Silvia Coccolo – tutti fattori che modificano radicalmente il benessere termico percepito».
fabbisogno energetico annuo del campus dell´Epfl (diagramma courtesy Epfl) |
Per fronteggiare l’atteso incremento delle temperature estive lo studio mostra che, oltre a un’adeguato isolamento, gli edifici e l’intorno immediato ad essi dovrebbero fornire un maggiore ombreggiamento. Una considerazione che va al di là della semplice moltiplicazione di alberi e arbusti, valutando anche la densità del fogliame e l’altezza degli alberi e la trasformazione in prato di molte superfici esterne pavimentate.
Il gruppo di ricerca sui sistemi urbani all’interno del Leso-Pb ritene che in futuro architetti e urbanisti dovranno lavorare a stretto contatto per progettare gli spazi aperti tra gli edifici, che sono altrettanto importanti degli ambienti interni.