Fino all’Ottocento molti geografi, centinaia di miglia al largo dell’Irlanda, disegnavano un’isola leggendaria chiamata Hy-Brasil (niente a che vedere con il Brasile). E la mostra al Padiglione dell’Irlanda alla Biennale di Architettura di Venezia quest’anno si intitola proprio In Search of Hy-Brasil . Il riferimento in questo caso è a tre piccole isole al largo della costa occidentale d’Irlanda: Inis Meáin (Inishmaan), il sito patrimonio dell’Unesco Sceilg Mhicíl (Skellig Michael) e Cliara (Clare Island).
I co-curatori Peter Carroll, Peter Cody, Elizabeth Hatz, Mary Laheen e Joseph Mackey, hanno svolto un lavoro di ricerca sul campo per conoscere gli stili di vita e di sussistenza in questi luoghi di risorse scarse e di ruvida bellezza che, seppur vicini alla costa, anche per le condizioni climatiche e del mare risultano alquanto remoti, alla ricerca di un modello economico alternativo allo ‘sviluppismo’ a tutti i costi, che conduce all’inesorabile sfruttamento delle risorse naturali.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della gestione delle risorse da parte degli isolani e sul delicato equilibrio tra cultura e natura che si è istituito in questi luoghi, l’installazione si concentra sull’energia rinnovabile, sulla produzione alimentare etica e sulla biodiversità, raccontando le pratiche sostenibili messe in atto sulle isole attraverso disegni, modelli, filmati, suoni e testi.
I materiali utilizzati per la mostra mettono in risalto competenze e risorse locali. Come le sedute realizzate con corde intrecciate dismesse dei pescatori, poi imbottite con materiale di scarto della produzione di filati; un arazzo di lino che riproduce la topografia marittima dell’Irlanda e un’astrazione dell’isola di Skellig Michael realizzata con lana di pecora di Galway, un filato tradizionale.
Al centro del padiglione sono esposte grandi lastre di calcare provenienti dalle tre isole e dai relativi fondali oceanici, insieme a una serie di esposizioni tattili che celebrano l’uso di materiali locali in modi innovativi e poco convenzionali.
Per evidenziare il ciclo naturale dei ritmi circadiani e l’impatto dannoso dell’inquinamento luminoso, la mostra utilizza la sola luce naturale come fonte principale di illuminazione, esattamente come tuttora avviene sulle isole.