Ecoquartiere, una cultura emergente

BedZED a Londra, Hammarby Sjöstad a Stoccolma, Bo01 a Malmö, Vauban a Friburgo, Zuidas e GWL ad Amsterdam, Eden Bio a Parigi, Bonne a Grenoble: otto esempi di insediamenti residenziali che testimoniano come da qualche anno, in Europa, la sostenibilità in architettura sia sempre più applicata alla dimensione urbana e non solo al singolo edificio.

Il modello di sviluppo sotteso a questa tendenza è l’Ecoquartiere, una tipologia insediativa in grado di associare alle tecnologie costruttive e ai principi progettuali tipici della bioarchitettura l’aggregazione sociale, contemplando in tal modo i tre principali fattori della sostenibilità: preservazione dell’ambiente, fattibilità economica e benessere sociale. Il tema più interessante introdotto dall’Ecoquartiere è quello connesso alla socialità degli spazi progettati. Troppo spesso, nella quotidianità della professione, l’attenzione si focalizza prevalentemente sull’aspetto ambientale ed economico del progetto, fraintendendo il mezzo (la tecnica e la tecnologia) con il fine (il benessere degli abitanti) e attribuendo alla classe energetica dell’edificio progettato la qualità dell’intervento. L’aspetto sociale, quando viene considerato, è comunque marginale. Il punto di vista della progettazione di un Ecoquartiere ristabilisce l’equilibrio tra fine e mezzo.

Mentre in Europa l’Ecoquartiere è un sistema in espansione sia per la promozione e le agevolazioni statali e degli enti locali, sia per gli investimenti di soggetti privati, in Italia la tipologia non è né molto diffusa né ben identificata. Anche a livello istituzionale non ci sono chiare linee guida e gli interventi sono più isolati, molti ancora lontani dalla realizzazione, ed è meno pianificato il loro sviluppo.

Tra i progetti italiani a cui va il merito di diffondere questo nuovo approccio alla progettazione uno dei più importanti, anche grazie alla visibilità che ha sulla stampa nazionale, è €100,000 Home dello studio Cucinella, in cui è basilare l’idea che l’abitazione progettata diventi parte di un agglomerato urbano per la costituzione di un sistema sociale.

Molti punti in comune con questo progetto li si trovano nel lavoro di Aldo Cibic: con More With Less propone una serie di abitazioni modulari ecocompatibili con bassi costi di realizzazione ma non solo: la singola casa è concepita come elemento di base di uno schema aggregativo innovativo fondato sull’idea di condivisione degli spazi e delle esperienze e attento alla socializzazione degli abitanti.

Stessa attenzione alla rete di relazioni che il progetto genera la si legge nel progetto di concorso per un Villaggio Sostenibile a Figino (Mi) dello studio bresciano ABDArchitetti. L’obiettivo dei progettisti è la creazione di un sistema urbano articolato in cui la vita della comunità è centrale e lo spazio collettivo è il perno del progetto. L’ispirazione dichiarata è la forma urbana dei borghi storici. L’intenzione è di ristabilire il rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive.

ABDArchitetti: progetto di concorso per un villaggio sosternibile a Figino, alle porte di Milano

 

Nel progetto della Fornace del Bersaglio a Faenza (Ra) degli architetti Cristofani e Lelli la committenza è una cooperativa di abitazione, la comunità esiste dunque prima ancora dell’intervento. Nel recupero dell’area industriale dismessa della fornace trovano spazio, accanto alle residenze rigorosamente a basso impatto ambientale e dal costo contenuto, spazi per attività collettive come zone espositive, laboratori e atelier per giovani artisti. Questo mix di pubblico e privato si manifesta anche nel rapporto con il paesaggio: spazio privato nei patii delle abitazioni e pubblico nelle aree verdi destinate all’uso comune.

Sempre una cooperativa ha commissionato allo studio Pedevilla Architekten di Brunico la realizzazione del complesso Sonnenchein a Sarnes presso Bressanone (Bz). Gli undici edifici delle residenze monofamiliari che costituiscono l’intervento sono distribuiti attorno a una corte centrale la cui funzione è quella di offrire agli abitanti del complesso lo spazio di ritrovo e di socializzazione che consenta la formazione di un’identità di quartiere.

I casi citati, benché riferibili alla filosofia degli Ecoquartieri, sono difficilmente comparabili, per dimensione e per impatto generale sulla città, con le realizzazioni oltre confine. Ciò che ancora manca e che si auspica è una cultura dell’Ecoquartiere, alla base della quale c’è sempre una forte identità comunitaria, la volontà dei cittadini e la spinta e il supporto degli enti amministrativi.

Andros Atzeni e Mirko Noris

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