Libero artefice

Erick van Egeraat, olandese, gi&aacute co-fondatore di Mecanoo, é
uno dei piú significativi rappresentanti di un´architettura per sua stessa
definizione ?iconica?, profondamente post-moderna, fortemente globalizzata e
altrettanto intensamente consapevole della forza delle forme e delle immagini
nel cogliere e rivelare il contesto culturale, sociale ed economico in cui si
sviluppa un progetto e un´opera di architettura. Lo incontriamo per l´intervista
a Milano in occasione della sua premiazione per l´intervento recentemente
completato del Centro Direzionale Milanofiori Nord.

Erick Van Egeraat, come
definisce il suo lavoro?

Iconico! Sono convinto che quando
si costruisce é necessario mostrare qualcosa e descrivere lo spirito del
momento rappresentandolo attraverso immagini. Mi interessa la moda come uno dei
piú importanti mezzi di rappresentazione che la nostra societ&aacute ha a
disposizione. Credo che la moda incorpori e dia forma a cose che ci sono gi&aacute ma
che fino a quel momento stentano a trovare una forma di espressione. Nonostante
tutto, a differenza dei vestiti, l´architettura deve diventare solida e
un´architettura sinceramente qualificabile quale fonte di ispirazione deve
essere in grado sia di rispecchiare il proprio tempo, sia di durare nel tempo.

Quali sono le opere di
architettura che apprezza di piú sia del passato che contemporanee?

C´é una chiesa a Venezia sul
Canal Grande, davanti all´Hotel Gritti Palace che, per la sua scala e per la
sua architettura, trovo veramente notevole.

Con tutto il rispetto per il
suo lavoro devo confessarle che non ho mai veramente capito il suo progetto di
Assago. Mi sembra massiccio, ma allo stesso tempo debole, in particolare le
facciate, che sembrano indipendenti dal resto. Vorrei saperne di piú su questo
progetto.

Il progetto di Assago si é
sviluppato entro i limiti abituali di un progetto a quella scala. Per esempio,
non ho potuto sviluppare la facciata coerentemente con la struttura
principalmente per via di tagli sui costi. La struttura é di tipo
convenzionale, con pilastri verticali e travi orizzontali, ed é semplicemente
avvolta da un involucro edilizio. In ogni caso sono contento di quel progetto,
dato che la parte interessante non é tanto l´architettura, ma il programma.
Quell´area é stata oggetto di una quantit&aacute impressionante di progetti senza mai
arrivare ad una soluzione, il tutto nell´ovvia disperazione del cliente. Poi,
convocato ad una riunione, il cliente mi espose l´idea di un concorso internazionale
al quale mi avrebbe invitato. Risposi che non avevo alcuna intenzione di
partecipare a un concorso dal momento che sapevo perfettamente ció che era
necessario per quell´area: un mix di
elementi differenti, una variet&aacute di immagini e funzioni, una combinazione tra
paesaggio e ambiente urbano, tetti calpestabili, uffici, negozi e attivit&aacute
commerciali. Metaforicamente mi hanno affidato l´incarico sul posto!

Come si evolve il suo lavoro? Segue
un metodo preciso?

Non direi. Il punto per me é
aiutare la formulazione delle richieste dei miei committenti e di comprendere
le loro necessit&aacute al fine di realizzare un´architettura iconica, in grado di
incorporare la loro mentalit&aacute e di funzionare come una sorta di marchio, di
forte immagine aziendale. Negli ultimi anni ho lavorato con molti clienti
differenti, da aziende forti e solide a nuove realt&aacute imprenditoriali e concludo
che la condizione fondamentale é che il cliente rispetti la mia idea, la mia
individualit&aacute e la mia libert&aacute intellettuale: viceversa, rimetto l´incarico.
Come ho fatto qualche settimana fa con un cliente che voleva dirigermi quasi
fossi il suo disegnatore personale. O anni fa, di fronte alla richiesta di un
progetto per una base di lancio missilistico: incarico che ho ovviamente
rifiutato. Anche durante lo sviluppo di un progetto per un inceneritore da
costruire lungo l´autostrada a Roskilde, in Danimarca, ho dovuto lottare
duramente per difendere la mia idea iniziale. Il mio progetto era alto quanto
la cattedrale di Roskilde, ma anche altrettanto bello. L´ufficio dei Beni
Culturali danese obiettava comunque che un inceneritore non dovrebbe mai
competere con una cattedrale e che, nel caso specifico, avrebbe dovuto essere
dichiaratamente brutto e il piú possibile discreto. Ora stanno cominciando a darmi
ragione e hanno abbracciato pienamente le mie idee. Di nuovo, credo che
l´architettura sia ampiamente una questione di conservare la propria libert&aacute e
di tenere fede alla propria volont&aacute, facendo in modo che la gente sia
emozionata e ? soprattutto ? ben identificata con ció che propongo.

Qual é la sua fonte di
ispirazione principale?

Viaggiare, di sicuro. E piú
viaggio piú apprezzo la grande diversit&aacute e raffinatezza dell´Europa nonché la
sua abbondanza economica. E infine, l´importanza data al pensiero individuale che
caratterizza l´Europa, e che altrove é anche piú rara della ricchezza.

Quando e dove ha avuto inizio
il suo interesse per l´architettura?

?Risale alla mia adolescenza.
Quando avevo 12 anni, lavoravo ogni sabato in un distributore di benzina. C´era
un signore in blue jeans che guidava una
Ferrari e che veniva spesso da noi. Il fatto di indossare vestiti casual e, allo stesso tempo, guidare un´auto cosí elegante mi
sembrava geniale. Era un atteggiamento abbastanza anticonformista. Quando ho
saputo che quell´uomo era un architetto ho concluso che per me l´architettura andava
benissimo.

Qual é il suo ideale di
perfezione in architettura?

Non c´é una risposta semplice a
questa domanda. In breve, credo che alla fine si tratti di combinare elementi
contrastanti accettando benevolmente ogni differenza, ed essere capaci di
costruire nello stesso modo diretto, ma allo stesso tempo profondo ed
affascinante, in cui si potrebbe cucinare o vestire.

Come é stata la sua esperienza
di lavoro in Italia?

A dir la verit&aacute mi aspettavo una
certa confusione, impressione confermata dal processo non del tutto lineare.. Ma
alla fine tutto ha funzionato bene e questo cosiddetto ?caos? nel quale la
gente lavora non sembra dare alcun limite, anzi, sembra essere una grande fonte
di ispirazione. Tra l´altro, hanno tutti lavorato molto duramente e il mio
cliente ha dimostrato di essere veramente coinvolto nel progetto. Credo che la
cosa piú importante da voi sia il fatto di accettare la prospettiva di
rimettere le cose in discussione e, se necessario, di ricominciare
pazientemente daccapo: é un´attitudine che ritengo di grandissima importanza
non solo per l´architetto, ma anche per il risultato finale.

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