Alcuni giorni fa, la Fondazione Golinelli di Bologna ha inaugurato G-Factor, un nuovo incubatore-acceleratore destinato alle realtà imprenditoriali emergenti. Il progetto architettonico, frutto del lavoro di Simone Gheduzzi, Nicola Rimondi e Gabriele Sorichetti di diverserighestudio, ha rigenerato altri cinquemila metri quadrati di superficie dell’ex area industriale bolognese su cui oggi sorge il complesso della fondazione filantropica privata di stile anglosassone voluta nel 1988 dal fondatore Marino Golinelli.
Con quest’opera si completa la filiera integrata e interconnessa – che spazia dall’educazione alla formazione, dalla ricerca al trasferimento tecnologico, dall’incubazione all’accelerazione – che rappresenta un esempio forse unico nel panorama italiano.
G-Factor si sviluppa su due livelli per più di 1.000 mq di superficie (foto Giovanni Bortolani) |
Oggi la città della conoscenza, dell’innovazione e della cultura, con G-Factor, con Opificio (novemila metri quadrati di spazi dedicati alla formazione e all’educazione; progetto realizzato sempre da diverserighestudio; 2015) e con il Centro Arti e Scienze Golinelli (un parallelepipedo di 700 metri quadrati che ospita esposizioni, conferenze, mostre e concerti; progetto di Mario Cucinella; 2017) si sviluppa su una superficie di 14mila metri quadrati.
L’idea di G-Factor nasce all’interno del piano di sviluppo pluriennale di Fondazione Golinelli, Opus 2065, ideato per supportare le giovani e giovanissime generazioni nel loro percorso di crescita: dalla sua apertura, quattro anni fa, l’Opificio ha già superato le 300mila presenze ed eroga ogni anno 500.000 ore di formazione.
La nuova struttura ospita non solo l’incubatore-acceleratore di start-up, tra cui i progetti vincitori della prima Call Life Science Innovation 2018-2019, ma anche numerose attività mirate alla ricerca come il Competence Center Bi-Rex di Industria 4.0, che qui ha la sua sede.
L’incubatore-acceleratore è stato immaginato come uno spazio mutevole, in grado di modificare la propria dimensione interna – in orizzontale e in verticale – assorbendo il percorso di crescita e di autonomia delle aziende che si insedieranno. Uno spazio ad alta adattabilità, capace di essere ripensato di volta in volta per dare spazio a nuove, altre attività imprenditoriali. Per questo è stato fondamentale valorizzare il vuoto e dotarlo di supporti tecnologici che permettessero, assieme a dispositivi di arredo mobili, una sempre nuova configurazione.
Lo spazio interno è composto di una grande “serra connettiva” – un’infrastruttura di mobilità pensata per essere percorsa anche da robot – dalla quale si giunge a quattro cluster di lavoro adattabili, di pari dimensioni, due a livello terra e due al primo (il primo di 472 metri quadrati, il secondo di 600), realizzati per poter essere suddivisi in singoli slot di produzione mediante un sistema di partizioni mobili.
Grande attenzione è stata riservata al tema della luce diffusa e allo studio dei colori, che stimolano la creatività e riducono i tempi di apprendimento e di produzione.
Il progetto ha attribuito grande importanza al tema della luce (foto Giovanni Bortolani) |