I trend dell’architettura a livello globale, un report di PlanRadar

Da una ricerca condotta in giugno in 12 diversi Paesi da PlanRadar, piattaforma digitale per la gestione dei cantieri immobiliari, emergono le principali tendenze dell’architettura a livello mondiale.

Obiettivo del rapporto The Architecture of the Future quello di individuare i trend che si stanno affermando a livello globale e le aree in cui invece prevalgono tendenze specifiche legate al contesto locale. Se infatti è vero che alcune sfide, come ad esempio il climate change, costringono i professionisti dell’architettura a mobilitarsi in modo analogo ovunque nel mondo, tuttavia il suo impatto è differente da Paese a Paese, sia nella realtà sia nella percezione.

La ricerca, che ha coinvolto esperti, istituti indipendenti, associazioni professionali ed enti governativi  esamina prospettive, regolamentazioni e analisi sul futuro dell’architettura in Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Austria, Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Emirati Arabi Uniti e Polonia.

Secondo quanto rilevato, a fronte di tendenze ampiamente diffuse (come la crescente spinta verso la sostenibilità e la riduzione delle emissioni), emergono aspetti particolari, talvolta singolari: l’Italia, ad esempio, è l’unico paese in cui gli esperti considerano seriamente la “depavimentazione” (rimozione dell’asfalto) come una delle principali tendenze della progettazione urbana. La Spagna invece è il paese più propenso ad abbracciare l’innovazione nello sviluppo urbano, mentre l’Ungheria è il più scettico.
O ancora: in due terzi dei Paesi la canapa è considerata un materiale da costruzione con un grande potenziale, mentre solo in Francia si privilegia il lino.

 

Enti ed esperti di architettura di tutti i Paesi coinvolti nella ricerca affermano di essere impegnati a migliorare la sostenibilità della professione. Quasi due quinti delle emissioni globali di carbonio, infatti, sono attribuite a sviluppo, uso e demolizione degli edifici e in tutto il mondo gli architetti sono ben consapevoli del proprio ruolo nel migliorare la sostenibilità delle strutture che progettano.
Costruire edifici a emissioni zero è una tendenza chiave in 10 dei 12 dei Paesi coinvolti. In un edificio net zero i materiali utilizzati, la costruzione stessa, il funzionamento e l’eventuale smantellamento non dovrebbero produrre emissioni e, ove questo non fosse possibile, le emissioni vengono compensate tramite l’acquisto di crediti di carbonio (carbon offset).

In sette dei 12 Paesi oggetto dell’indagine emerge l’attenzione per la vivibilità è una progettazione incentrata sull’uomo. La crescente consapevolezza che gli edifici possono essere più che semplici luoghi in cui lavorare o passare il tempo richiede competenze multidisciplinari in grado di migliorare la qualità della vita, la salute e il benessere delle persone. Un aspetto compreso da tempo nell’ambito della teoria e della formazione architettonica e oggi finalmente al centro della progettazione architettonica in molti Paesi.

Nel 50 per cento dei Paesi oggetto del sondaggio gli architetti danno priorità a un approccio alla costruzione più sensibile al territorio, in cui il paesaggio circostante l’edificio, la luce naturale, l’orientamento, le condizioni atmosferiche e altri fattori influenzano lo stile scelto e utilizzato.

La resilienza di fronte alle conseguenze del climate change è al centro dell’attenzione degli architetti in particolare nei Paesi più colpiti da eventi meteorologici estremi, come Italia, Germania, Francia e Regno Unito.

La ricerca di strategie per il riutilizzo e la riqualificazione del patrimonio costruito esistente, anche come atteggiamento di responsabilità ambientale nel ridurre il consumo di risorse e la produzione di detriti, è al centro dell’attenzione in Stati Uniti, Regno Unito, Austria, Francia e Spagna. Curiosamente in Italia questa esigenza non è sentita, nonostante l’immenso patrimonio storico-culturale, l’età media elevata del patrimonio immobiliare nazionale – il 70 per cento delle case italiane ha più di 50 anni e 73mila sono gli immobili che richiedono opere di manutenzione urgenti – e le varie agevolazioni fiscali che sono state introdotte.

Un terzo dei Paesi coinvolti nell’indagine sottolinea poi come prioritaria una progettazione urbana capace di ridurre la dipendenza dall’uso dell’automobile e di conseguenza i tempi di spostamento.

 

Ma la lettura della ricerca fornisce spunti interessanti anche per ciò che viene considerato prioritario in alcuni Paesi e non in altri: se vi sono casi – come ad esempio la resilienza – dove la sensibilità è maggiore nei Paesi più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, in altri casi si tratta di differenze indotte dalle politiche governative locali o anche da un diverso approccio culturale.
Ad esempio, solo negli Stati Uniti e in Polonia la walkability delle città non è affatto considerata una tendenza per il futuro; oppure, in alcuni Paesi si considera importante un approccio circolare alla progettazione e alla costruzione mentre in altri viene data più importanza alla conservazione dell’acqua.

Se il futuro è rappresentato dai biomateriali rinnovabili, è interessante vedere in dettaglio quali sono destinati a diventare più comuni in architettura nei prossimi decenni. Per la maggior parte dei Paesi saranno il legno e la canapa ad essere sempre più utilizzati nelle costruzioni; in cinque nazioni si vede un crescente potenziale per la paglia e altre erbe, mentre tre indicano i funghi.

Anche il riciclo di materiali per l’edilizia è destinato ad avere un ruolo chiave: basti pensare che la produzione di nuovo cemento rappresenta da sola il 7 per cento delle emissioni globali.

Se la maggior parte dei Paesi ha espresso interesse per materiali alternativi o riciclati, altri stanno tracciando la propria strada. Gli esperti italiani, ad esempio, prevedono che gli architetti utilizzeranno il maggior numero possibile di materiali alternativi nelle costruzioni future, tra cui il grafene, le vernici ecologiche fotocatalitiche, il nylon rigenerato, i materiali compositi e il calcestruzzo in fibra di carbonio. Anche qui, per contro, troviamo Paesi più conservatori: l’Ungheria, per esempio, identifica solo il legno e il legno lamellare come materiali nuovi che verranno utilizzati nei prossimi anni, mentre gli Emirati Arabi Uniti esprimono interesse solo per materiali “intelligenti”.

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