IPER-TEATRO DI OMA A TAIPEI

Celebrato oggi, alla presenza del sindaco di Taipei Hau Lung-pin, di Rem Koolhaas e David Gianotten e dei local architects KRIS YAO | ARTECH il completamento della struttura in acciaio del Taipei Performing Arts Center progettato da OMA, vincitore di un concorso internazionale nel 2009. In ottobre inizia la costruzione dell’involucro (vetro ondulato per il cubo centrale e pannelli di alluminio per i volumi dei tre teatri interni) per la consegna definitiva nel 2015.

Diventa così evidente l’inserimento del nuovo edificio nel tessuto urbano con cui dialogherà. La vicina stazione metropolitana di Jiantan e il mercato serale contribuiranno alla vitalità del centro multiteatrale, che contribuirà a sua volta a riqualificare quest’area della città.

una fase del montaggio della struttura in acciaio ((image courtesy of OMA; Ph. Philippe Ruault)

 

Tre teatri in un solo edificio. Volumi solidi innestati in un cubo centrale che fa da atrio e accoglie ribalte, macchine sceniche e spazi di servizio di tutte le sale, ciascuna in grado di funzionare autonomamente.

Come mai – si domanda RK – i più coinvolgenti eventi dal vivo degli ultimi 100 anni non hanno mai trovato posto in teatri tradizionali? Non dico Woodstock, ma la maggior parte dei concerti di musica pop che si tengono negli stadi. O L’Aida di Verdi, che trova spazi più adatti nelle arene all’aperto. Ciò malgrado, negli ultimi anni assistiamo a una proliferazione di centri teatrali e di spettacolo –talvolta sotto il nome di poli multiculturali, insegna che spesso nasconde l’indeterminatezza delle funzioni.

Sempre più iconici nelle forme architettoniche ma tutti all’interno rigidamente organizzati secondo logiche antiche, anche nella distribuzione dei palchi che riflette un’ormai scomparsa stratificazione sociale. Insomma, sembra che l’ultima evoluzione nella progettazione degli spazi teatrali risalga al Globe. Poi il nulla.

render dell´inserimento urbano del TPAC (image courtesy of OMA)

 

In  più, con il TPAC lo studio di Koolhaas si interroga – e propone una risposta – al peccato originale dell’architettura, che è quello di imporre limiti fisici e duri allo spazio, e dunque agli usi che se ne può fare. In altre parole, ragiona Koolhaas, se l’architettura trovasse il modo di creare geometrie variabili, ne deriverebbe – o potrebbe discenderne – una maggiore libertà nell’uso, che andrebbe al di là di ciò che progettista e committente avevano immaginato, da soli, dando il via al lavoro. Che è un po’ quel che è successo con i computer, oggi ubiqui e capaci di far funzionare miliardi di applicazioni che i loro inventori nemmeno si sognavano.

Un programma più che ambizioso per l’edificio di OMA di cui ieri è stata completata la struttura. Ambizione leggibile già all’esterno, dalle sue facce geometriche e opache che si immergono nella vita cittadina sporgendo in tre direzioni dal luminoso cubo trasparente centrale.

Se è iconica (e non c’era da aspettarsi il contrario), la forma esteriore non riveste un programma interno tradizionale ma ne dichiara il grado di innovazione. Come un satellite che orbiti intorno al suo pianeta, nella Proscenium Playhouse il pubblico accede all’auditorium lungo un percorso circolare che corre tra l’involucro e il nucleo centrale del volume formando un proscenio unico che può trasformarsi in qualsiasi cornice si voglia immaginare.

Con 1.500 posti a sedere, il Grand Theatre è l’evoluzione contemporanea dei grandi spazi teatrali del XX secolo, che però si affranca dallo schema a scatola rettangolare con una platea leggermente asimmetrica.

render del SuperTheatre (image courtesy of OMA)

 

Sullo stesso livello, in direzione opposta, il Multiform Theatre, pensato per le performance più sperimentali, si può accoppiare al Grand Theatre per formare il Super Theatre, dove si potrebbe degnamente rappresentare anche Die Soldaten, l’unico “capolavoro” dodecafonico di B. A. Zimmermann che al suo apparire nel 1958 fu giudicato non-rappresentabile perchè gli serviva un palco di 100 metri di lunghezza. Del pari, lavori oggi rappresentati in modi convenzionali potrebbero assumere una scala monumentale, così come nuovi autori potrebbero immaginare opera teatrali in grado di sfruttare al meglio questa nuova opportunità fisica.

Infine, un teatro per i non-spettatori, che lungo il Public Loop possono vedere tanti particolari del dietro-le-quinte” generalmente preclusi, e forse anche così trasformarsi in nuovi spettatori.

 

Taipei Performing Arts Center

 

Concorso: 2008-2009. Inizio della costruzione: 2012. Completamento: 2015

Committente: Taipei City Government

Superficie totale: 58.658 mq. Un teatro da 1.500 posti e due teatri da 800 posti ciascuno.

Altezza max: 63 metri

Investimento: circa 140 milioni di euro

 

Progetto architettonico: OMA

Capi-progetto: Rem Koolhaas, David Gianotten

 

Gestione esecutiva

Project architects: Inge Goudsmit, Vincent Kersten, Paolo Caracini

Project manager: Chiaju Lin

Team: Kevin Mak, Hin-Yeung Cheung, Yannis Chan, Daan Ooievaar, Han Kuo

 

Design team:

Adam Frampton, Ibrahim Elhayawan (team leader), Yannis Chan, Hin-Yeung Cheung, Inge Goudsmit, Vincent Kersten, Chiaju Lin, Kevin Mak, with: Jim Dodson, Alasdair Graham, Vivien Liu, Kai Sun Luk, Slobodan Radoman, Roberto Requejo, Saul Smeding, Elaine Tsui, Viviano Villarreal, Casey Wang, Leonie Wenz

 

COLLABORATORI 

Theatre consultant: dUCKS scéno

Acoustic consultant: DHV

Interior designer: Inside Outside di Petra Blaisse, design team: Marieke van den Heuvel with Aura Luz Melis, Peter Niessen, Barbara Pais, Miki Sato, Rabia Zuberi

 

Landscape designer: Inside Outside di Petra Blaisse, design team: Ana Beja Da Costa, Carmen Buitenhuis with Jana Crepon, Marieke van den Heuvel, Huang Kuangchung, Aura Luz Melis

 

Structure, MEP, Building Physics and Fire Engineering: Arup

Rory McGowan (Project Director + Executive Design Leader), Chas Pope (Project Manager + Lead Structures), Raymond Yau (Services & Building Physics Director), Mingchun Luo (Fire Director)

Facade engineer: ABT, Prof. Rob Nijsse, Ronald Wenting

 

Architect of Record: Artech Architects

 

Renderings: OMA, ArtefactoryLab

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