È Fabio Mauri (Roma 1926 – 2009) il protagonista del quinto appuntamento di Solo, il ciclo espositivo ospitato nelle sale al secondo piano del Museo Novecento di Firenze che traccia un ritratto di grandi artisti del ventesimo e ventunesimo secolo.
La mostra, curata da Giovanni Iovane e dal direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti, aperta al pubblico fino al 30 aprile 2020, è dedicata a uno straordinario esponente delle neoavanguardie del secondo Novecento che ha indagato a lungo i percorsi delle ideologie e le loro ripercussioni nella società.
Dagli esordi negli anni Cinquanta, attorno ai giovani artisti di Piazza del Popolo a Roma, sino agli inizi degli anni Duemila, Mauri è stato protagonista delle avanguardie artistiche internazionali con una continua sperimentazione. La sua ricerca è contraddistinta dalla multidipliscinarietà e combina il disegno e la pittura con la progettazione di performance e installazioni.
L’analisi del Potere e della sua estetica ha portato Mauri a interrogarsi sul ruolo del Male nella storia dell’umanità, sui meccanismi della violenza e dell’omologazione – attraverso un linguaggio di segni e comportamenti che hanno come obiettivo il controllo e l’eliminazione dell’altro – mettendo a nudo le dinamiche oppressive e discriminanti e l’esaltazione di valori identitari e superomistici.
Le sue opere, concepite nel recente passato, mantengono intatta la loro attualità.
L’esposizione al Museo Novecento si apre con uno dei celebri Schermi (della fine degli anni Cinquanta), opere caratterizzate dall’impiego di superfici bianche atte a proiettare e restituire immagini e frasi, in cui Mauri rielabora il concetto di disegno come forma intimamente legata alla scrittura e al monocromo.
I “disegni” di Mauri si presentano negli anni anche sotto forma di collage e installazioni, come nel caso del Comò-disegno (1990), composto da più oggetti di epoche diverse.
Il percorso espositivo comprende la serie pressoché inedita dell’Apocalisse (degli anni Ottanta) e i Dramophone, in cui l’immagine del disco come “mondo già inciso” richiama il tema della predestinazione del destino.
Fabio Mauri, Dramophone, 1975. Carboncino su carta da spolvero. Courtesy the Estate of Fabio Mauri and Hauser & Wirth (ph. Mattia Marasco). |
La riflessione sul linguaggio come strumento volto a ridefinire lo spazio ritorna nella linea di orizzonte creata dagli scatti di Linguaggio è guerra (1974), immagini tratte da riviste illustrate che invitano a soffermarsi sul valore del linguaggio come arma.
Fabio Mauri, Linguaggi e Guerra, 1974, installazione. Reperti fotografici con timbro. Courtesy the Estate of Fabio Mauri and Hauser & Wirth. |
«La pratica del disegno per Fabio Mauri è legata alla ferma convinzione che ‘cambiando il linguaggio si migliora il mondo’ – sostiene il curatore Giovanni Iovane. Per Mauri il disegno è essenzialmente progetto, coniugando in questo una disposizione concettuale rinascimentale ‘fiorentina’ (si pensi all’idea di disegno vasariana) con una attitudine tutta contemporanea che trasforma in atto (nell’azione) l’idea, in opera e in performance».
Fabio Mauri nasce a Roma nel 1926. La sua attività comprende teatro, performance, installazione, pittura, teoria, insegnamento, come elementi di un unico luogo espressivo.
Nel 1979 gli viene offerta la cattedra di Estetica della Sperimentazione all´Accademia di Belle Arti de L´Aquila, dove insegna fino al 2001.
Opera nelle file dell’avanguardia italiana dal 1954. I suoi primi monocromi e Schermi risalgono al 1957.
Negli anni ’70 Mauri rivolge l’attenzione alla componente ideologica dell’avanguardia linguistica. Sono gli anni di Ebrea (1971). Compone una prima grande performance Che cosa è il fascismo a Roma (1971), che ripeterà alla Biennale di Venezia e a New York. Quindi Natura e Cultura, Oscuramento e Muro d’Europa a De Appel di Amsterdam.
Nel 1974 è invitato nuovamente alla Biennale di Venezia, dove sarà anche nel 1978 con l’installazione I numeri malefici, nel 1993 dove realizza il Muro Occidentale o del Pianto e nel 2013 con la performance Ideologia e Natura del 1973. Nel 2015 sarà nuovamente alla Biennale invitato a rappresentare l’Italia nel padiglione Centrale. Allestisce la performance Che cosa è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca.
Concerto da tavolo nel 1989 per il Centro Multimediale Quarto di S. Giusta, L’Aquila. Nel 1994 la sua prima retrospettiva Fabio Mauri Opere e Azioni. 1954-1994 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Nel 1996 allestisce Le Proiezioni al Moca di Los Angeles, al Wexner Center for the Arts, (Ohio), al Museum of Contemporary Art di Chicago e al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Una seconda retrospettiva è presentata nel 1997 alla Kunsthalle di Klagenfurt. Nel 1999 è in Minimalia: da Balla a … al P.S.1 di New York.
Nel 2000 è presente a Novecento. Arte e Storia in Italia, presso le Scuderie del Quirinale a Roma.
L’ultima retrospettiva è allestita nel 2003 a Le Fresnoy, Studio National des Arts Contemporains, Lille. Con l’imponente installazione Inverosimile nel 2007 partecipa a Milano alla grande mostra Not Afraid of the Dark di Emergenze.
Nel 2009 il suo ultimo lavoro Fabio Mauri etc alla Galleria Michela Rizzo di Venezia. Muore, dopo una lunga malattia, nel maggio del 2009.