LARCHETIPO DEL BORGO ITALIANO

Scoperto per caso, Postignano, uno dei seimila borghi abbandonati d’Italia, inizia la sua seconda vita nel 1997 con un accurato progetto di restauro filologico avviato dell’architetto Gennaro Matacena e completato due anni fa. Il borgo comprende 60 abitazioni, la chiesa, un relais, un centro di documentazione, una trattoria e due botteghe ed è abitato stabilmente da sei persone. Fuori dalle mura è in corso di realizzazione il progetto di un albergo di charme con piscina e centro benessere.

Fondato intorno all’anno mille lungo una via di comunicazione che collegava Spoleto ad Assisi, Castello di Postignano svolse un ruolo importante fino al XVI secolo, quando la popolazione cominciò progressivamente a emigrare, e nel 1967, in seguito a uno smottamento, fu definitivamente evacuato. La sua conformazione è analoga a quella di altri borghi murati, specie della Valnerina, con una disposizione a triangolo, addossata alle pendici della montagna, e una torre di avvistamento. Tanto da essere considerato un archetipo dei borghi collinari italiani dall’architetto americano Norman F. Carver Jr, che lo fotografò nel 1967 e ne fece la copertina del suo volume Italian Hill-towns (1979, Document Press). La proprietà venne acquisita, non senza difficoltà (quasi 300 rogiti con ex-abitanti o loro eredi) tra il 1992 e il 1994 e nel 1997 vennero avviati i primi lavori di restauro, interrotti dal terremoto che il 14 ottobre di quell’anno danneggiò gravemente il borgo (più per lo stato di abbandono in cui versava che per il movimento tellurico in sé: la mancata manutenzione e le infiltrazioni di acqua avevano indebolito le strutture amplificando gli effetti del sisma).

Un´immagine del borgo visto dall’interno, com’era nel 1967 (foto di Norman Carver Jr)

Il borgo oggi (foto ©Gratet & Maglione).


RA Consulting, lo studio di progettazione degli architetti Gennaro Matacena e Matteo Scaramella, abbandonò il primo progetto di recupero per avviarne un altro, più radicale, di rinforzo strutturale e ricostruzione filologica capace di ridare vita al borgo nel rispetto delle sue specificità originarie e delle caratteristiche storiche, artistiche e paesaggistiche. Alle esitazioni della committenza, dovute all’ingente impegno finanziario – si tratta di un intervento interamente privato – si aggiungevano i tempi della burocrazia: all’origine privo di vincoli, nel 2004 il borgo entrava nell’elenco dei monumenti di interesse storico artistico dal Ministero dei Beni Culturali; nel frattempo le normative antisismiche si erano fatte più stringenti; infine, il complesso era in lista di attesa per la concessione di finanziamenti (pari al 20% delle opere) per la ricostruzione.

 

Postignano: planimetria generale e funzioni.

La sezione illustra l’inserimento dell’ascensore. Il borgo comprende 60 abitazioni private, parte in vendita e parte gestite come residence.

 

Trascorsero così dieci anni, un tempo sufficiente a svolgere un meticoloso rilievo materico, un’ampia indagine geologica e geotecnica e un attento studio storico-artistico (particolarmente utile in relazione agli affreschi rinvenuti) preliminari alla fase progettuale esecutiva e alla ripresa dei lavori, nel 2007, per i quali la Direzione Lavori e il Coordinamento per la Sicurezza hanno dovuto affrontare problematiche particolarmente complesse, connesse alla necessità di intervenire all’interno di un borgo gravemente danneggiato e pericolante, alla contemporaneità di alcune lavorazioni, alla presenza di più imprese operanti in aree contigue e di difficile accesso. A pieno regime, su una superficie di sedime di circa 2.500 mq, con case torri alte fino a 25 metri fondate a quote sfalsate anche di oltre 15 metri, hanno operato contemporaneamente quattro gru con interferenza reciproca, in compresenza di oltre una sessantina di addetti tra operai e lavoratori autonomi.

 

Da sinistra, vista del borgo prima e dopo il terremoto del 1997 (foto ©Gratet & Maglione).

 

Castello di Postignano è una testimonianza notevole di “architettura senza architetti”, come furono definite da Bernard Rudofsky le abitazioni realizzate utilizzando tecniche e materiali locali da coloro che le hanno poi abitate. Un’architettura spontanea diversificata nelle rifiniture e nei dettagli, quali infissi, colori, tessiture murarie, che il progetto di restauro ha preservato, recuperato e valorizzato anche ricorrendo a tecniche, procedimenti e materiali tradizionali. Le superfici esterne sono state ripristinate con pietra faccia a vista, intonacate con la tecnica del “raso sasso”, utilizzando intonaci a base di calce o dipinte con pigmenti di terre naturali; infissi e portoni di legno, ringhiere di ferro, sporti di gronda, tegole e comignoli recuperati; pavimentazioni esterne rifatte utilizzando in parte pietra di recupero della vecchia pavimentazione e in parte pietra di cava simile, e rifacendo acciottolati e “battuti” di calce con inerti macinati.

Anche i tombini sulla sede stradale o i pannelli di chiusura dei vani contatori esterni sono stati progettati nel rispetto del valore storico-artistico del contesto. Negli ambienti interni i solai e le coperture di legno sono stati assemblati con travi sbozzate a mano, tavolame irregolare per gli impalcati e capriate con incastri, cunei di legno e piastre di acciaio per le coperture.

 

Immagini del borgo restaurato (foto ©Gratet & Maglione).


Il progetto di recupero ha previsto, inoltre, un innovativo restauro degli affreschi rinvenuti nel borgo e danneggiati dal terremoto, con il procedimento dell’anastilosi informatica. L’impatto ambientale determinato dalla presenza di aree di parcheggio a margine dell’abitato è stato ridotto al minimo con l’impiego di materiali cromaticamente compatibili con il contesto, una pavimentazione integrata con aiuole e la predisposizione di un pergolato che forma un continuum col verde della collina circostante.

Immagini degli interni di una abitazione. Il progetto di restauro ha ridotto al minimo gli interventi sui tagli interni, così da conservare le viste esterne, l’afflusso di luce e le dimensioni originarie degli ambienti (foto @Gratet & Maglione).

Gli affreschi della chiesa della Santissima Annunziata: la Crocefissione del Quattrocento e ciò che non è crollato del ciclo del Martirio di San Lorenzo del 1570 attribuito a Simone de Magistris (foto ©Gratet & Maglione).

 

Il progetto di Postignano, che nel 2014 ha ricevuto dai Club Unesco Europa un attestato di merito “come efficace interprete dei valori di salvaguardia e tutela del paesaggio e dell’ambiente”, è oggi il più grande intervento di recupero di un borgo abbandonato in Italia (e probabilmente in Europa) e si distingue per la capacità di celare, dietro un meticoloso ripristino dell’aspetto originario, sistemi impiantistici indispensabili per le attuali esigenze abitative. Ma soprattutto per la volontà e la capacità dei progettisti/ committenti di raccogliere testimonianze e documenti sui modi in cui era abitato, per trasferire nelle pietre e nelle vie del borgo lo spirito del tempo. Ad esempio, riducendo al minimo indispensabile il rifacimento di piante e partizioni interne, preservando così le dimensioni e le visuali che degli ambienti avevano le ultime famiglie che lo avevano abitato.

 

Due immagini della piscina e Spa in corso di completamento – la piscina all’aperto è stata inaugurata il mese scorso – ai piedi del borgo (render courtesy RA Consulting).

 

 

 

 

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