Lo studio tedesco Sauerbruch&Hutton si é aggiudicato il primo premio al concorso per il progetto di M9, il Museo del 900, a Mestre. Matthias Sauerbruch ci racconta, insieme alla sua filosofia di lavoro, il motivo per il quale Mestre non poteva essere un luogo piú adatto per questo progetto.
Da molti suoi progetti, da quello per Piazza Maciachini a Milano a quello, vincitore del concorso, per M9 a Venezia, la cosa che emerge in modo piú immediato é il particolare trattamento dell´involucro e della facciata. Da cosa deriva?
Credo sia una buona idea comparare il progetto del M9 con quello di Maciachini. M9 é un progetto che deve ancora iniziare e i colori saranno probabilmente differenti dal disegno iniziale, mentre Maciachini ha attraversato piú o meno lo stesso processo fino ad arrivare alla sua configurazione attuale. Perché il colore negli edifici? Perché no? C´é un repertorio immenso di architetture policrome dell´antichitá, dai greci ai romani, come in molte notevoli architetture del XX secolo. Il colore é un elemento che si rivolge direttamente alle emozioni della gente, le persone reagiscono emotivamente, e questo significa che il suo é un impatto piuttosto forte. Utilizzo spesso il colore allo scopo di ricreare un´atmosfera. Maciachini, ad esempio, si inserisce in una realtá milanese articolata e multicolore con vecchie zone industriali, frammenti di quartieri, tessuti molto differenziati il colore corrisponde a queste condizioni multiple, é funzionale alla composizione e si orienta secondo scelte precise. Vogliamo fare un´architettura rivolta alla gente e che sappia risvegliare emozioni.
Quali sono le caratteristiche fondamentali della sua architettura?
Siamo molto interessati alla sostenibilitá. Questo in modo non inteso solamente in senso tecnico/tecnologico, ma in una visione che coinvolge il luogo e le preesistenze. La maggior parte dei nostri progetti si inserisce e riferisce alla cultura Europea e il nostro obiettivo é quello di confrontarci con situazioni preesistenti nell´intento di migliorarle. Questo, pur continuando nella tradizione di quanto abbiamo incontrato. é un po´ come aggiungere alla cittá un nuovo livello, un nuovo strato culturale. Per quanto riguarda la questione sostenibilitá in termini tecnici, progettiamo edifici ad alta efficienza: che richiedono poca energia, che si affidano alla luce solare e che, in sostanza, puntano a migliorare il rendimento dell´edificio sia in termini ecologici che economici. Credo infine che il coinvolgimento emotivo della gente sia fondamentale anche per quello che riguarda il futuro dell´edificio in termini di appropriazione e, pertanto, di cura dell´opera in futuro.
Le cittá europee sono piuttosto sobrie in termini di colore: Milano é una di queste. Se il vostro obiettivo é la continuitá con il contesto, perché l´utilizzo di superfici quasi ?grafiche?, che possono essere interpretate come volontá di astrazione dalla tradizione?
La tradizione non é questione di imitazione o di ripetizione, ma di comprensione profonda. Il progetto contemporaneo di Milano deve chiaramente soddisfare esigenze molto diverse rispetto al passato in termini di funzionalitá e rappresentazione. Da questo punto di vista condivido pienamente l´approccio di Aldo Rossi, caratterizzato da un´attenzione particolare alla tipologia e alla continuitá con il preesistente intesa in senso fondamentalmente morfologico.
In quale delle sue opere si identifica di piú e perché?
Ogni nostro progetto credo sia come un bambino, ognuno ha la sua storia e la sua personalitá. Crescono, e noi cresciamo con loro. A tutti i progetti dedichiamo lo stesso identico impegno ed é davvero difficile fare differenze.
E quali sono le sue influenze principali, sia in architettura che in altri campi?
Siamo molto interessati alle arti visive, senz´altro di piú, ad esempio, che alla letteratura o alla musica. Ci sono ovviamente diverse influenze classiche ed imprescindibili come Le Corbusier, Mies, o Walter Gropius, ma non credo che ci sia una fonte univoca. Dobbiamo infine molto anche alla nostra formazione: Louisa (Hutton, socia di Sauerbruch, NdR) ha lavorato per diversi anni con Alison e Peter Smithson, io per cinque anni a OMA.
Come si sviluppa il progetto del M9?
Mi piace particolarmente Mestre, credo perché Venezia é ormai da tempo un cliché che é possibile trovare replicato quasi ovunque: da Las Vegas, al centro commerciale, al ristorante. Venezia stessa é finita per diventare una sorta di caricatura di sé stessa. Mestre é l´estremo opposto: é il luogo dove la gente vive, la cittá si trasforma, quello che é, in una parola é piú genuina. Per di piú é una situazione dove qualsiasi intervento di trasformazione non puó far altro che migliorare la situazione esistente. Credo che l´idea di realizzare il Museo del XX Secolo proprio a Mestre sia particolarmente azzeccata, anche perché Mestre, nel bene o nel male é proprio un prodotto del XX secolo.
Quali sono le caratteristiche del vostro progetto?
L´area di progetto é caratterizzata da un certo disordine tipologico – edifici di 5 piani, di 3, di 2 o di uno – affastellati senza logica apparente. L´idea é stata pertanto quella di progettare qualcosa in grado di confrontarsi con tutto questo, ma che allo stesso tempo fosse riconoscibile, con una facciata a ?pixel? e con molte reminiscenze futuriste. Abbiamo pensato al cemento, come un materiale interessante da combinare con le piastrelle: un materiale grezzo con materiali piú rifiniti. Il piano terreno é molto trasparente, aperto all´accesso pubblico, mentre i piani superiori sono dedicati all´esposizione.
Scheda
Il Museo del 900
Spazio espositivo, mediateca-archivio: 8.000 mq., volumetria 40.000 mc, sull´area dell´ex caserma Pascoli
Accanto l´ex convento benedettino, poi caserma e distretto militare, sará trasformato in un piccolo centro commerciale urbano di 4.500 mq.
L´immobile Poerio-Brenta Vecchia ospiterá unitá commerciali e direzionali su 4.400 mq
Al concorso di progettazione, comprendente anche l´ex convento benedettino,sono stati invitati sei studi: oltre a Sauerbruch&Hutton: David Chipperfield, Eduardo Souto de Moura, Mansilla Tun Arquitectos, Massimo Carmassi, Pierre-Louis Faloci. Aperto ufficialmente il 15 gennaio 2010, consegna lavori 15 giugno 2010, giuria di 7 membri