Il Pac – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ospita fino al 9 febbraio 2025 la più ampia e completa esposizione mai dedicata a Marcello Maloberti: Metal panic, una dichiarazione d’amore alla città di Milano che fin dagli esordi ha accompagnato l’artista nella costruzione della sua pratica. Il progetto di allestimento è firmato da Scandurra Studio.
Curata da Diego Sileo, l’esposizione è pensata come un libro d’artista che raccoglie e intreccia tutti i temi fondanti della ricerca di Maloberti, come l’elevazione della parola scritta nella sua dimensione poetica, la sacralità del quotidiano, l’attenzione ai cambiamenti e alle trasformazioni del paesaggio urbano, attraverso un nucleo di lavori degli anni Novanta, opere più recenti e produzioni inedite.
L’idea di “lavori in corso” pervade l’intero percorso espositivo e si concretizza nella scelta di usare attrezzature e materiali da cantiere per la creazione delle opere. Molte di queste, infatti, sono pensate appositamente per gli spazi del Padiglione, come se si trovassero ancora dietro le quinte o in progress.
All’esterno del Pac si staglia Cielo (2024), installazione costituita da una scritta ribaltata al neon posta a venti metri d’altezza e sorretta dal braccio meccanico di un camion. Ispirandosi a uno dei suoi grandi maestri, Piero Manzoni, l’artista capovolge il punto di vista dell’osservatore creando un monumento/anti-monumento, una colonna infinita, una fuga verso l’alto.
Immaginando l’intera mostra come un cantiere contemporaneo in continua trasformazione, dove tutto pare sospeso e in potenza, Maloberti ha modificato lo spazio fisico alterando l’estetica del Padiglione con l’installazione site-specific Ultimatum (2024) che ricopre parzialmente la facciata con elementi in acciaio zincato.
Un elemento cardine della mostra sono le didascalie, costituite da due lastre in acciaio zincato incise ricalcando la grafia dell’artista: collocate all’altezza dello sguardo, non si limitano a fornire informazioni, ma si stagliano come una linea dell’orizzonte in un alternarsi di pieni e vuoti che ricorda le righe di un quaderno.
Maloberti pensa alle didascalie anche come a una nuova opera, Incipit (2024), nella quale ciascun titolo rappresenta il principio di un libro mai scritto.
L’atto di ribaltare, frequente nella poetica dell’artista, caratterizza l’opera M (2024) in cui il gesto assume una specifica valenza politica. Il titolo è, infatti, un rimando all’iniziale di ‘Mussolini’ mentre la sua posizione capovolta emula il corpo del dittatore esibito in piazzale Loreto nell’aprile 1945.
Capovolto è così anche il cartello stradale che segna l’ingresso nella città di Milano: riveste simbolicamente la funzione di porta, una soglia rovesciata e, dunque, inaccessibile al pubblico.
Maloberti è intervenuto sull’architettura dello spazio espositivo anche con l’opera Tilt (2024), dove un guardrail, che solitamente funge da dispositivo di sicurezza stradale, è qui incastonato su basamenti in marmo, disegnando una curva dal profilo tagliente che obbliga lo spettatore a compiere un percorso prestabilito dall’artista.
Nel parterre otto neon di diverse dimensioni danno forma a Martellate (2024), un progetto che Maloberti porta avanti da più di trent’anni e che racchiude alcuni degli slogan filosofici, degli aforismi e delle poesie più celebri dell’artista.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Silvana Editoriale, in italiano e in inglese, con testi di Diego Sileo, Giulio Dalvit, Luca Cerizza e un’intervista inedita all’artista realizzata da Vittoria Matarrese.