Remo Salvadori. L’opera come spazio in divenire

Fino al 14 settembre 2025 Milano dedica a Remo Salvadori la più ampia mostra personale mai realizzata sul suo lavoro.
Il progetto espositivo diffuso si sviluppa in tre luoghi della città – Palazzo Reale, Museo del Novecento e la Chiesa di San Gottardo in Corte – restituendo con coerenza e sensibilità il nucleo più profondo della poetica dell’artista: una riflessione continua sul tempo presente, sullo spazio come luogo di relazione e sull’opera come organismo in divenire.

 

Remo Salvadori, No’ si volta chi a Stella è fisso, 2004 (2025), Sala delle Cariatidi, Palazzo Reale, ph. Agostino Osio.

 

Curata da Elena Tettamanti e Antonella Soldaini, l’esposizione prende avvio con un primo capitolo visibile dal 2 luglio, che coinvolge sei lavori tra installazioni storiche e nuove opere site-specific collocate nella Sala delle Cariatidi e nella Sala del Piccolo Lucernario di Palazzo Reale, oltre che negli spazi del Museo del Novecento.

 

Remo Salvadori, Continuo Infinito Presente, 1985 (2010) cavi d’acciaio Garrison, New York, 2010, ph. ©Yancey Hughes.

 

A partire dal 16 luglio, il percorso si amplia nelle sale monumentali al primo piano di Palazzo Reale, con oltre cinquanta opere realizzate tra il 1969 e oggi. Una narrazione che non segue un ordine cronologico ma si struttura per episodi e risonanze, invitando il visitatore a una fruizione attiva, percettiva, mai lineare.

Dal 18 luglio, due ulteriori lavori installati nella Chiesa di San Gottardo in Corte completano il percorso, aprendo una dimensione contemplativa in dialogo con l’architettura sacra.

 

L’osservatore si sposta osservandosi, 1982, Sala del Piccolo Lucernario, Palazzo Reale, ph. ©Agostino Osio.

 

«Non cerco un’opera che mi rappresenti», afferma Salvadori. «Sto con lei continuamente. Sono nel momento». Una dichiarazione che riassume l’attitudine dell’artista a vivere l’opera non come oggetto finito, ma come occasione viva di trasformazione.

Il suo è un linguaggio che si è evoluto nel tempo fuori da schemi ideologici o vincoli formali, sviluppandosi a partire dall’ascolto della materia – ferro, piombo, rame, acciaio – ma anche del luogo e delle energie invisibili che lo abitano.
Lo spazio espositivo diventa così “un’estensione ideale dello studio”, come lo definiscono le curatrici, attraversato da un flusso continuo tra pensiero, azione e presenza.

 

Remo Salvadori, L’osservatore non l’oggetto osservato, 1985 (2003), 27 elementi: rame, OGR, Torino, 2024, ph. ©Andrea Rossetti.

 

L’allestimento mette in relazione opere storiche – come L’osservatore si sposta osservandosi (1982), Alveare (1996) o Nel momento (1974-2025), quest’ultima installata nel lucernario tra Museo del Novecento e Palazzo Reale – e lavori realizzati appositamente per l’occasione, come Stella (2025), collocata nella navata centrale della chiesa gotica di San Gottardo.
A scandire il percorso, anche due performance musicali: il 2 luglio il collettivo Tutto Questo Sentire attiva l’opera No’ si volta chi a stella è fisso nella Sala delle Cariatidi, mentre il 15 luglio il compositore Sandro Mussida interpreta l’universo poetico di Salvadori con una partitura originale per pianoforte.

 

Remo Salvadori, Lente liquida, 1998 vetro, sughero, acqua Stiftung Insel Hombroich, Neuss, 2018, ph. ©Attilio Maranzano.

 

La mostra è promossa dal Comune di Milano – Cultura, prodotta da Palazzo Reale e Eight Art Project in collaborazione con il Museo del Novecento e la Veneranda Fabbrica del Duomo, con il patrocinio del Ministero della Cultura.
L’identità visiva è firmata da Leftloft. Tra i sostenitori del progetto anche C-Zone, agenzia specializzata in eventi esperienziali: una partecipazione che nasce da un legame personale con l’artista e da una visione condivisa della cultura come spazio generativo di incontro.

 

Remo Salvadori, Ecce Homo, 1985 (2009) e Nel momento, 1974 (2022) rame Studio dell’artista, Milano, 2024, ph. ©Attilio Maranzano.

 

Remo Salvadori, classe 1947, è stato protagonista di mostre internazionali – da Documenta alla Biennale di Venezia – ma ha sempre mantenuto una distanza critica dai grandi sistemi di legittimazione.
La sua ricerca, nata nel solco dell’Arte Povera ma subito virata verso un linguaggio autonomo, si distingue per la tensione costante verso l’essenziale, l’archetipo, la presenza viva. L’opera non si impone, ma abita. Non dichiara, ma risuona. Non finisce, ma si compie ogni volta che qualcuno la incontra, e vi si riconosce.

 

Remo Salvadori, Germoglio, 1988 (1989) foglia d’oro su carta, ph. ©Jean Pierre Maurer.

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