ROGERS A CERSAIE NON CERA POSTO PER TUTTI

Malgrado il suo ultimo libro, che molti al termine della lectio si sono fatti autografare, si intitoli ‘Un posto per tutti’ (nell’edizione italiana di Johan & Levi Editore) ieri molti non hanno trovato posto tra le 1.800 poltrone del Palazzo dei Congressi della Fiera di Bologna per assistere alla lectio magistralis di Richard Rogers organizzata da Cersaie.

Rogers, nato a Firenze 85 anni fa, ha raccontato in maniera coinvolgente numerosi progetti realizzati nel corso della sua carriera a cominciare dall’opera simbolo, il Centre Pompidou di Parigi inaugurato ormai 41 anni fa, progettato con Renzo Piano e Gianfranco Franchini. Lui non lo voleva fare, ha ricordato ieri Rogers, ma si è adeguato alla volontà della maggioranza e ne è uscito l’edificio che, seppur già bisognoso di attente cure a meno di vent’anni dalla costruzione, rimane un potente simbolo dell’attualità dell’architettura, che come ricordava il Pritzker Prize «è sempre moderna nella sua epoca e di quell’epoca è espressione».

 

Ma il Beaubourg è importante anche per la qualità dello spazio pubblico e per la capacità di un’opera di rigenerare il tessuto urbano. E proprio sulla città si è concentrata una parte della lectio di ieri: una città che, per rimanere vivibile, secondo Rogers dev’essere compatta, e quindi densa. Ma, parlando di città e forse pensando più a Londra che all’Italia, non è mancato un richiamo al ruolo sociale dell’architettura con il confronto tra il fenomeno della gentrification dei centri urbani e la domanda – che trovava più risposte negli anni Venti del Novecento rispetto ad oggi – di abitazioni accessibili: con il risultato che le città rischiano di diventare luoghi per i soli ricchi mentre gli altri vengono spinti fuori dal recinto urbano.

Per progettare città smart, prima che dalla tecnologia occorre partire da qui, con mix funzionali e abitativi inclusivi che permettano di demolire il significato stesso del termine ‘periferia’.

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