Grand Opening domenica 16 ottobre per il Centro Luigi Pecci per l’Arte Contemporanea di Prato, che riapre dopo sei anni con l’avveniristico progetto di ampliamento a firma dell’architetto olandese Maurice Nio e la riqualificazione dell’edificio originario di Italo Gamberini.
Sorto nel 1988 per volontà dell’imprenditore tessile Enrico Pecci in memoria del figlio e costituito con il supporto di numerosi soci fondatori, pubblici e privati, oggi il Centro vanta una raccolta di più di mille opere dei principali artisti internazionali, da Anish Kapoor a Jan Fabre, da Jannis Kounellis a Sol LeWitt, e dei grandi italiani del secolo scorso,come Mario Merz o Michelangelo Pistoletto.
Una collezione unica in Italia e in larga parte sacrificata nei depositi per mancanza di spazio. Da qui la decisione di raddoppiare gli spazi espositivi. I lavori, finanziati dal Comune di Prato e da Regione Toscana con il sostegno dei Fondi Europei e dell’Ambasciata dei Paesi Bassi in Italia, erano iniziati nel 2006.
L’ingresso principale del nuovo Centro Pecci. Foto Lineashow. |
Il nuovo Centro si estende su una superficie di quasi 10.000 mq e oltre agli spazi espositivi contiene l’archivio e la biblioteca specializzata, con un patrimonio di oltre 50.000 volumi, un teatro all’aperto da 1.000 posti, un cinema/auditorium (140 posti), uno spazio performativo all’interno delle gallerie, un bookshop, un ristorante e un pub/bistrot. Un luogo versatile e trasformabile, basato sulla sperimentazione e la ricerca, che punta a una relazione attiva con il pubblico anche con aperture serali e con la creazione, prima tra le istituzioni pubbliche italiane, di un dipartimento di ricerca teso a costruire le basi teoriche delle varie iniziative e a sviluppare in modo ampio le attività educative.
Il progetto di Maurice Nio mira a favorire la permeabilità fra il Centro e il territorio. L’edificio esistente viene integralmente conservato e lasciato intatto in tutti i suoi aspetti. A esso si accosta, in forma di anello, un nuovo volume che, riprendendo il disegno dell’originario parco circostante, si orienta verso la dimensione pubblica.
Grazie alla nuova entrata, al bookshop e al ristorante situati all’interno di un corpo trasparente al piano terra, il Centro si rivolge verso l’esterno, sollecita curiosità, invita all’interazione, si apre alla città, mediato da un giardino sperimentale e da un’ampia piazza.
Il punto più alto del complesso espositivo è contraddistinto da un elemento simile a un’antenna, che qualcuno ha già definito “il piercing”, che alla funzione di landmark aggiunge il valore simbolico di ricettore della creatività presente sul territorio.
l´antenna che caratterizza il nuovo edificio di Maurice Nio foto Lineashow |
Nelle parole di Nio: «È un’antenna. Sonda gli umori culturali, alla ricerca di nuove correnti». Da qui Sensing the Waves, il nome che l’architetto olandese ha dato al progetto suggerendo la funzione di un’architettura capace di captare e divulgare le vibrazioni del presente.
Sotto l’antenna, una nuova mappa di funzioni e di percorsi lega l’originario edificio di Italo Gamberini a quello di Maurice Nio. Il progetto dell’olandese poggia su un sistematico ripensamento delle funzionalità espositive che si manifestano all’esterno attraverso la realizzazione di un oggetto inusuale che si offre a molteplici chiavi di lettura.
«Rispetto al carattere rigido e meccanico della struttura preesistente, in parte ispirato all’architettura industriale di Prato, il nuovo progetto – spiega Nio – propone un linguaggio intessuto di forme fluide e sognanti. Abbraccia e circonda l’edificio originario, sfiorandolo solo quando è necessario».
Interno della nuova ala progettata da Maurice Nio, piano terra. Foto Lineashow |
I nuovi ambienti del Centro Pecci sono distribuiti lungo il volume dal profilo anulare che abbraccia la struttura esistente, rifunzionalizzandola. L’intervento di Nio si salda alle due estremità del complesso originario e si sviluppa su due livelli: quello inferiore ospita le funzioni ricettive e si apre verso la città attraverso una cortina vetrata che corre ininterrottamente da un’estremità all’altra dell’anello; quello superiore è destinato alle esposizioni e si offre all’esterno con un rivestimento metallico color bronzo. L’anello, oltre ad ospitare nuove funzioni, offre alla struttura preesistente l’occasione di raddoppiare gli spazi e diversificare i percorsi.
Trasparenza e opacità, concavità e convessità, masse leggere e masse gravi interagiscono creando un’atmosfera di curiosità che esorta all’esplorazione degli spazi, a una passeggiata guidata dalle differenze e allo stesso tempo dalle complementarietà. In cima all’anello, in posizione laterale rispetto all’asse di simmetria del complesso museale, si erge l’antenna che è il simbolo della mission del Centro.
pianta del primo piano del Centro Pecci, © Nio Architecten |
L’inaugurazione ufficiale di domenica prossima coincide con l’avvio della mostra La fine del mondo a cura del direttore Fabio Cavallucci con la collaborazione del team interno e di un nutrito gruppo di advisor internazionali composto da Elena Agudio, Antonia Alampi, Luca Barni, Myriam Ben Salah, Marco Brizzi, Lorenzo Bruni, Jota Castro, Wlodek Goldkorn, Katia Krupennikova, Morad Montazami, Bonaventure Soh Bejeng Ndikung, Giulia Poli, Luisa Santacesaria, Monika Szewczyk e Pier Luigi Tazzi.
Henrique Oliveira, Transarquitetonica, 2014, Museu de Arte Contemporânea, São Paulo. Legno, mattoni, fango, bamboo, PVC, radici di alberi e altri materiali, 5 x 18 x 73 m. Photo Everton Ballardin |
Non si tratta della rappresentazione di un futuro catastrofico ma di una riflessione sulle incertezze che accompagnano la globalizzazione attraverso le opere di oltre 50 artisti internazionali in un allestimento che si estende sull’intera superficie espositiva di oltre 3.000 mq del Centro.
Alle 18:00 è in programma una conferenza di Marc Augé sul tema (mentre il 3 novembre sarà Zygmunt Bauman a parlare della fine del mondo).
Robert Kuśmirowski, Stronghold, 2013,Biennale di Lione, dep. in Mac Lyon, 800 cm x 2400 cm x 2200 cm |
Il Centro Pecci per l’Arte Contemporanea di Prato è gestito dalla neonata Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, istituita dal Comune di Prato e sostenuta da Regione Toscana.