Slow architecture

A novembre Libria ha pubblicato Slow
architecture istruzioni per l´uso
. é
il secondo testo dell´architetto Enrico Frigerio, dopo Slow architecture for
living
e dopo l´esperienza biennale
della mostra itinerante A journey in slow architecture. La slow architecture é un invito a ritrovare un
corretto rapporto con il contesto, ricercandone le risorse per il progetto, a
confrontarsi con il pensiero e a perseguire un concetto di qualit&aacute totale
dall´idea iniziale fino al cantiere e dopo, immaginando la gestione e le
funzioni che l´edificio assumer&aacute nel corso della sua vita. Ne parliamo con l´autore.

Architetto Frigerio, perché ha
sentito il bisogno di redigere un manifesto e di scrivere un libro?

L´avventura
inizia nel 2005 quando mi sono chiesto perché gli architetti contemporanei
avessero cosí scarsa propensione a dichiararsi, a dichiarare la propria
identit&aacute, che é poi l´identit&aacute delle proprie idee. Pensavo fosse il caso di
parlare. Di qui il primo libro, il libro-manifesto che segna l´inizio di un
percorso che ha compreso una mostra itinerante (partita nel 2006, conclusasi
nel 2008) grazie alla quale lo studio e il sottoscritto hanno avuto vari
confronti in giro per l´Italia e per l´Europa. Secondo me questo é un punto
importante: confrontarsi, mettersi in gioco in un contesto piú ampio. ?Slow
architecture istruzioni per l´uso? non vuol essere né un manuale né un
prontuario, ma una sorta di reagente. Parla di un´architettura progressiva che
vive nel tempo e trae dal contesto le risorse per la sua definizione.

Spazio e tempo. C´é un´architettura
fatta per durare e un´architettura del real estate, fatta per arrivare a
break-even e poi essere sostituita con nuove costruzioni?

In
termini assoluti questo non é proprio vero. Credo si debbano interpretare al
meglio le motivazioni che stanno alla base d´un progetto e le funzioni per le
quali il progetto é richiesto. Mi spiego con un esempio. Se c´é da realizzare
qualcosa che duri poco (sia cioé del genere effimero), si organizzer&aacute il
progetto con modalit&aacute e materiali che rispondano a quelle specifiche
prospettive; se invece c´é da fare qualche cosa destinata a durare, sarebbe
folle pensarla con caratteristiche e dettagli che non conservino nel tempo le
medesime prestazioni. Se posso citare un caso che riguarda il mio ex capo e
maestro Renzo Piano, ricordo che il suo Beaubourg, dopo un certo periodo di tempo,
é stato completamente rifatto. Perché? Perché era stato consumato. Aveva svolto
pienamente la funzione per la quale era stato progettato e quella fruizione era
finita in attivo: si era pagata. Questo ha permesso che, con i conti in ordine,
vent´anni dopo, tutto potesse ricominciare. Non sempre succede cosí.

L´etica, per un architetto, risiede nella ricerca della
qualit&aacute?

Non
credo che l´etica dell´architetto sia riconducibile al solo livello della
qualit&aacute, anche se é certo che la qualit&aacute, in architettura, é elemento
fondamentale. Non a caso nel mio libro parlo di qualit&aacute totale, traguardo che
non é garantito dalla ricchezza del budget. La qualit&aacute é legata alla ricerca:
chiama in causa il fattore iniziale, progettuale, che si evolve e ha il suo
compimento nel cantiere. Riguarda dunque tutto il processo del progetto. Come
dice il nome, qualit&aacute totale chiama in causa l´universo della bont&aacute architettonica: fisionomia, estetica, dettaglio,
funzionalit&aacute, compatibilit&aacute, possibilit&aacute di gestione, durata.

In fondo sono i principi di Vitruvio: firmitas, vetustas,
venustas

Sicuramente,
per me la storia é un bacino enorme di sapere. Ma alla storia si deve attingere
con criterio e rigore, da scolari attenti, scrupolosi, mai passivi. Se il
carattere ineliminabile dell´architettura é, come credo, d´essere
contemporanea, la lezione della storia non potr&aacute dare come frutto la
ripetizione di un modello.

Con Vitruvio l´architetto era prima di tutto un
costruttore e doveva riunire in sé diversi saperi, persi via via a causa della
crescente specializzazione delle conoscenze e dei mestieri. Ma la
specializzazione e la tecnica ?tutto é possibile, sempre e dovunque- non
rischiano di farci perdere di vista un corretto rapporto con il luogo
specifico, le sue caratteristiche e la cultura del territorio?

Non sono d´accordo. Parlerei piuttosto
d´una rivoluzione importante avvenuta nel campo del progettare e del costruire.
Non é che i saperi si siano persi: é vero invece che le modalit&aacute secondo le
quali si svolge oggi questo mestiere sono molto differenti dal passato. Una
volta l´architetto era depositario di un sapere che ruotava intorno
all´edilizia. Questo sapere si é esteso e si é arrivati alla necessit&aacute di una
specializzazione dovuta a sua volta tanto alla maggiore quantit&aacute e complessit&aacute
degli strumenti, dei materiali che entrano in gioco, compresi i metodi di
calcolo, quanto alla crescente complessit&aacute delle norme e delle leggi. é
impossibile che una sola persona possa contenere tutto questo sapere. Sono cambiati alcuni modi e mezzi
con i quali l´architetto interviene. E forse proprio per questo oggi piú che
ieri la figura dell´architetto si profila come importante.

Parlerei
a questo proposito di cultura del progetto. Lavoro integrato in tutte le sue
fasi, dall´ideazione alla costruzione finita, il progetto dev´essere
necessariamente coordinato proprio
per la somma di specializzazioni che il suo sviluppo richiede. E l´architetto
puó e deve essere una sorta di regista di questo processo proprio per la
variet&aacute trasversale di conoscenze e di competenze che possiede. Deve filtrare e
comporre la somma delle informazioni in modo organico.

L´innovazione oggi puó provenire dall´osservazione dei
comportamenti della natura. Animali e piante risolvono le proprie esigenze di
crescita all´interno, e non a scapito, dell´ecosistema. Lei cosa ne pensa?

La natura é certo uno dei migliori
esempi d´impiego delle risorse: minimo dispendio, massimo risultato. E ha la
capacit&aacute di adattarsi e adeguarsi alle varie realt&aacute e situazioni. Non a caso
del resto la slow architecture
predica la necessit&aacute dell´uso scrupoloso del contesto: ammonendo che rapporto e
confronto debbono svilupparsi in modo che sia sempre possibile la realizzazione
di un´architettura armoniosamente integrata nell´ambiente che dovr&aacute essere il
suo.

L´innovazione in architettura nasce
fondamentalmente da una ricerca che deve partire da un presupposto: oltre alla
natura, le fonti di ispirazione sono infinite. Io ritengo a questo proposito
che ci sia un problema di capacit&aacute di ascolto: l´architetto deve aprirsi al piú
vario ventaglio di possibilit&aacute. Questo é lampante nell´epifania del cantiere,
un luogo dove la ricerca non si ferma, confermando che si tratta di mettere
ogni volta in discussione quello che si fa. Troppo spesso diamo per scontate
cose che ci proteggono dal confronto cui evidentemente riluttiamo. Mentre solo
il confronto puó generare nuove idee e soluzioni.

Ed
entra in gioco anche un altro fattore: la conoscenza. Ai tempi del liceo, nelle
esercitazioni, il professore di disegno tecnico ci chiedeva di mettere in
prospettiva un solido ? con libera scelta. Inutile dire che la maggioranza
sceglieva il cubo, ossia il solido piú facile da mettere in prospettiva.
Conoscenza é ricerca e conquista di novit&aacute. Non ci si puó fermare sul comodo
sedile offerto da un cubo. Ci si deve avventurare in terreni diversi se non
ignoti usando tecniche e materiali in modi uguali e contrari: ricercando,
sperimentando, osando.

Esempi di architettura globalizzata?

Esempi
di architettura globalizzata? Sono tantissimi, la risposta é troppo facile: non
occorre andare nelle megalopoli per trovarli. Purtroppo la globalizzazione piú
volgare ci assedia alle porte di casa. Appartengono infatti di diritto
all´universo della globalizzazione tutte quelle architetture che prescindono
dalle culture locali, dalla storia dei luoghi e delle persone, dalle
caratteristiche ambientali. Queste per me sono le sole condizioni capaci di
garantire l´armonico radicamento dell´architettura nel territorio, in spazi che
abbiano al centro l´ambiente e l´uomo.

© 2020 IoArch. All Rights Reserved.

Scroll To Top