State of Extremes per i dieci anni del Design Museum Holon

On stage fino al 9 maggio 2020, State of Extremes è l’esposizione su grande scala organizzata per il decennale del Design Museum di Holon (disegnato da Ron Arad) che comprende 70 lavori di progettisti e studi israeliani e internazionali sul tema delle condizioni estreme (eventi climatici, diseguaglianze, polarizzazione politica, nonché gli scenari estremi prospettati dalla scienza e dalla tecnologia) che caratterizzano la nostra epoca.

Al contempo la mostra pone la questione dei modi in cui il progetto possa rimediare a questo scenario di ‘estremi’ intervenendo come forza mediatrice e moderatrice.

State of Extremes. Nella foto, da sinistra, Metamorphism di Shahar Livne, Sky-Blue di Yjin Huo e Valley (Jing’an) di Bas Princen (ph ©Elad Sarig).

 

«Nel 2010 il Design Museum Holon ianugurava i propri spazi con The State of Things, un paesaggio composto di oggetti – ricorda il curatore Aric Chen. Oggi, dieci anni dopo, State of Extremes descrive invece la condizione in cui è cambiato il mondo e con esso la pratica del progetto».

Psicopatologia dell’intelligenza artificiale: il ‘cannone’ Emotigun di tadas Maksimovas ‘spara’ versioni fisiche degli emoji più usati sui social media (ph. ©Elad Sarig).

 

Senza focalizzarsi su alcun particolare aspetto della condizione contemporanea, State of Extremes si propone piuttosto di mostrare le potenzialità del progetto come strumento di rivelazione, di critica, di resistenza o anche, talvolta, di acutizzazione di tale condizione.

«Fino a ieri sembrava che il design e l’innovazione ci avrebbero semplicemente aiutati a risolvere brillantemente i problemi della vita quotidiana – dice Maya Dvash, co-curatrice e direttrice del Design Museum – ma i nostri progressi hanno creato conseguenze imprevedibili per l’umanità. State of Extremes ci offre una nitida istantanea del punto in cui ci troviamo oggi e di quello verso il quale ci stiamo dirigendo».

L’esposizione è organizzata in cinque categorie tematiche, ciascuna delle quali sintetizza in una parola uno specifico aspetto della società contemporanea.

Le installazioni, spesso di grandi dimensioni, comprendono lavori di Orange Culture (Adebayo Oke-Lawal), Neil Nenner e Avihai Mizrahi, Nathan Smith e Sam T. Smith, Xandra van der Eijk, Virgil Abloh, Adam Nathaniel Furman (The Royal Family, realizzata per Camp Design Gallery in collaborazione con Abet Laminati).

Adam Nathaniel Furman: Benevolente, parte di The Royal Family, realizzata per Camp Design Gallery in collaborazione con Abet Laminati (ph ©Elad Sarig).

 

Nella corte esterna del museo UNStudio presenta la speciale installazione The Coolest White, realizzata con l’azienda Monopol Colors. L’installazione evoca gli edifici alti tipici di un paesaggio urbano, dipinti in parte con una nuova pittura – the coolest white appunto, in grado di ridurre l’effetto ‘isola di calore urbana’ – e in parte con pitture convenzionali.

Una termocamera che fotografa l’installazione a intervalli regolari mostra ai visitatori la differenza di temperatura tra le diverse parti.

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