Un parallelepipedo austero racchiude un nucleo espositivo ispirato alle forme forgiate dalla natura e dal tempo. Vincitore del Finlandia Prize in Architecture 2014 e nella shortlist del MiesArch 2015, il Museo della Storia degli Ebrei Polacchi progettato dallo studio Ladhelma & Mahlamäki sorge sul sito del ghetto di Varsavia.
Per settant’anni il lotto delimitato dalle vie Anielewicza, Karmelicka, Lewartowskiego e Zamenhofa nella zona nord di Varsavia ha rappresentato un simbolo di memoria e di lutto, di lotte e di conflitti. Qui, dove un tempo sorgeva il ghetto ebraico, ora c’è Piazza della Resistenza e il monumento dedicato ai protagonisti della rivolta del 1943, un monolitico volume alto undici metri realizzato con pietre donate alla città dall’architetto del Terzo Reich Albert Speer.
Il monumentale atrio d´ingresso del museo è definito da grandi superfici curve e strutturalmente portanti in spritzbeton che riprende il colore della pavimentazione in travertino e hanno rappresentato una vera e propria sfida progettuale (foto ©photo room)
Questo luogo così denso di memoria è stato scelto per ospitare il Museo della storia degli Ebrei Polacchi progettato dagli architetti finlandesi Rainer Mahlamäki e Ilmari Lahdelma, vincitori di un concorso a inviti indetto nel 2005: un’architettura elegante e austera contenente la più grande e uniforme superficie a doppia curvatura mai realizzata finora, che taglia in larghezza e in altezza l’intero volume. Ispirato alle forme dell’adiacente Monumento agli Eroi del Ghetto, il rigore del prisma vetrato che definisce esternamente l’edificio è interrotto sul fronte est da un monumentale portale d’ingresso di grande impatto visivo. Questo passaggio ricurvo, illuminato dall’alto e rivestito da spritzbeton, rappresenta un’ideale separazione dei mari (“Yam Suf”) e un varco rituale attraverso la storia e la cultura millenaria degli ebrei polacchi.
Masterplan e sezioni del progetto
Le facciate dell’edificio sono rivestite da pannelli di rame pre-patinato e vetro serigrafato con un pattern dell’artista israeliana Klementyna Jankiewicz composto con la parola Polin (“riposo qui”), scritta in caratteri ebraici e latini, che rimanda all’arrivo degli ebrei in Polonia. Caratterizzate da una leggera sfumatura verde, le facciate riflettono pattern luminosi all’interno dell’ingresso principale e del centro informazioni al piano terra.
Fronte sud-ovest dell´edificio (foto ©Wojchiech Kryski)
Il museo ha un impianto ortogonale razionale e si sviluppa su diversi livelli – uno dei quali interamente destinato a spazio espositivo di 4.000 mq posto sotto il livello d’ingresso, che ospitano una biblioteca, una caffetteria, negozi, un auditorium da 470 posti, spazi per uffici e aule didattiche. Il portale monumentale immette nell’enorme atrio-caverna percorso da scale, rampe e passerelle sospese che consentono ai visitatori di accedere su più livelli agli spazi espositivi. Le evoluzioni plastiche delle pareti curve, che costituiscono elementi strutturalmente portanti, sono visibili dall’esterno attraverso la trasparenza di una grande porzione del fronte sud-ovest.
Particolare della facciata vetrata riflessa sulle pareti curve della hall (foto ©Juha Salminen)
Nelle immagini, gli ambienti interni del museo (foto ©photoroom)