Nei giorni scorsi, Luca Zevi, Ugo Carughi, Alessandro Castagnaro e Maria Cristina Tullio, rispettivamente presidenti di In/Arch, Docomomo, Aniai e Aiapp, hanno scritto al ministro per i Beni culturali Dario Franceschini e al sindaco di Firenze Dario Nardella, in merito all’annosa vicenda dello stadio Artemio Franchi di Firenze, un’opera di Pierluigi Nervi.
La lettera, ripresa dalla Repubblica lo scorso 14 giugno in un articolo sulle vicissitudini che accompagnano il restyling dello stadio cittadino e le ipotesi di localizzazione di un nuovo impianto sportivo puntava dritto al cuore del problema: la necessità di conservare un manufatto di primaria importanza nella storia dell’architettura e dell’ingegneria italiane, com’è appunto lo stadio di Firenze.
«Siamo ancora freschi – si legge nella lettera – dall’errore fatale, tanto sul terreno tecnico quanto su quelli culturale e procedurale, di demolire un capolavoro come il viadotto sul Polcevera a Genova e abbiamo la responsabilità di evitare che la sua ombra si diffonda su altre testimonianze illustri dell’eccellenza italiana nella progettazione infrastrutturale, riconosciuta in tutto il mondo».
Le tribune delle stadio di Firenze; Studio Nervi & Nebbiosi. |
È quindi «da scongiurare risolutamente l’ipotesi di abolire o anche solo allentare il vincolo che salvaguarda questo importante manufatto progettato da Pierluigi Nervi, puntando al contrario al suo ripristino dalle molteplici superfetazioni accumulatesi nel corso di quasi un secolo di storia gloriosa e individuando una nuova destinazione compatibile tanto sul terreno architettonico-ambientale, quanto su quello economico-commerciale».
Se dovesse invece prevalere l’ipotesi «di mantenere lo stadio della Fiorentina nell’area ove sorge il Franchi – scrivono Zevi, Carughi, Castagno e Tullio – può essere senz’altro studiata una soluzione progettuale capace di integrare il vecchio stadio, rigorosamente restaurato e ripristinato, all’interno di un complesso edilizio e paesaggistico più ampio, capace di ospitare tutti i servizi necessari a un complesso sportivo contemporaneo. Un percorso ardito e affascinante, che potrebbe essere opportunamente avviato attraverso un concorso internazionale di progettazione aperto, sviluppato in due fasi».
Nella missiva si fa riferimento anche alle ipotesi esistenti di realizzazione di un nuovo impianto in un’area esterna al capoluogo: una soluzione che i firmatari della lettera considerano un contributo positivo allo sviluppo della città metropolitana fiorentina nella logica di una geografia policentrica della Grande Firenze, auspicata da tutti gli strumenti urbanistici passati e recenti.
A Franceschini e Nardella i quattro presidenti raccomandano «di affrontare una questione così rilevante e delicata per la città con tutta la serenità necessaria, evitando colpi di mano e promuovendo un dibattito ampio fra tutte le istituzioni competenti, coinvolgendovi i molti soggetti che animano la scena culturale e il mondo associativo fiorentini, nonché la cittadinanza. È necessario – scrivono ancora – perseguire una difficile, ma possibile coniugazione fra la giusta apertura alle necessità del presente e del futuro e la salvaguardia rigorosa dei manufatti di qualità, che testimoniano il percorso di modernizzazione del nostro Paese».