Come vivranno, gli umani, spazi e architetture generate da algoritmi? E come si potranno fondere tecnologia e natura? Di più: è già il momento di pensare spazi che potranno essere abitati, oltre che dall’uomo, anche da micro e macro-organismi in una prospettiva di recupero post-antropocene delle qualità ambientali del pianeta?
Da questi interrogativi, e dall’esigenza di indagare la complessità generata dalla quantità di dati e di informazioni che convergono in un sistema, nasce il progetto di tesi Voxel Cloud (il voxel è un pixel tridimensionale) di Julian Edelmann, sviluppato all’i.sd institute for structure and design dell’Università di Innsbruck sotto la supervisione dei professori Kristina Schinegger, Stefan Rutzinger, Viktoria Sandor e Klemens Sitzmann.
Mentre dati e informazioni a nostra disposizione crescono in maniera esponenziale, le risorse del pianeta diminuiscono progressivamente e essendo ogni trasformazione della materia il risultato dell’energia applicata all’intelligenza, crescono le emissioni che sono causa del cambiamento climatico.
L’architettura però non è solo materiali edili e costruzione ma in primo luogo un modo di processare informazioni, e con più dati a disposizione abbiamo la possibilità di costruire usando una minore quantità di materiali. Ciò d’altra parte aumenta la complessità dei processi, e sappiamo che il mondo dei cantieri è, tra tutti i settori, il meno avanzato, quello dove i processi costruttivi e la produttività sono rimasti più indietro.
Per portare innovazione in questo settore, Voxel Cloud parte da un flusso di calcoli applicati a dati rilevati attraverso nuvole di punti. Il dataset tridimensionale ottenuto può essere implementato con ulteriori informazioni, come ad esempio le condizioni ambientali, i carichi strutturali, parametri di fabbricazione digitale e limiti intrinseci ai materiali che si intende utilizzare, trasformando così la nuvola di punti in una ‘voxel cloud’, dove ogni voxel – ogni mattoncino digitale – contiene dati e informazioni che riguardano unicamente la specifica posizione che occupa all’interno del progetto: una sorta di paesaggio digitale, invisibile all’occhio, che le macchine sapranno decodificare e fabbricare.
Il risultato saranno filigrane strutturali leggere che impiegano la minor quantità possibile di materiale per rispondere alle prescrizioni di progetto, con un’elevata varietà di densità e articolazioni. Una sorta di transizione tra solido e fibroso, tra ordine e (apparente) disordine.
Non si tratta di applicare la logica lineare a noi nota per completare un edificio ma di dare avvio a un processo di crescita adattivo per dare vita ad ambienti dove possano coesistere umani, robot e altre specie, come in una rappresentazione teatrale. La tradizionale distinzione tra interno e esterno scompare a favore di densità variabili che possono dare luogo a differenti condizioni microclimatiche nei diversi ambienti, in strutture dove piante e animali possano adattarsi e crescere e l’acqua viene guidata in regime controllato attraverso l’intera struttura.
Voxel Cloud è collocato in un parco a Innsbruck, dove crescerà nel tempo confondendosi con l’ambiente naturale.