La mostra Spazio Radicale / Radical Space – fino al 30 aprile 2022 al Centro per l’arte contemporanea Lugi Pecci di Prato – presenta, in modo articolato e ricco di suggestioni, le perlustrazioni dello spazio proposte da architetti radicali e artisti contemporanei: lo spazio immaginato, ideato e quello ripreso dal vero; il luogo possibile e il suo opposto, l’improbabile; l’ambito condiviso, vissuto oppure quello contestato, combattuto; l’esplorazione analitica e la trasfigurazione metaforica.
Apre cronologicamente il percorso espositivo l’opera Esse del poeta visivo Luigi Tola che anticipa linguisticamente la Superarchitettura di Archizoom e Superstudio, evento germinale dell’Architettura Radicale fiorentina (nel dicembre 1966, appena dopo l’alluvione di Firenze); quindi col progetto di Gilberto Corretti per un Centro culturale alle Cascine di Prato, che appare oggi come un preludio al progetto architettonico di Italo Gamberini per il Centro Pecci; seguono gli habitat seducenti e il Dressing Design di Archizoom, le “icone pop” del divano Superonda e della lampada Sanremo prodotte dagli stessi Archizoom per Poltronova.
Dalla seconda metà degli anni Sessanta Ettore Sottsass e Gianni Pettena sovvertono i ruoli del designer e dell’architetto: Sottsass, come il gruppo UFO, inventa “metafore” sul rapporto fra corpo, paesaggio, ambiente, a cui sono accostate in mostra la pittura anti-illusionistica di Neil Jenny, la foto-performance rituale di Andrey Kuzkin, la recente scultura a brandelli di Karin Arink; Pettena ripensa concetti quali “identità, natura”che si collegano da un lato alla Poesia Visiva di Luigi Tola e all’atto di autodeterminazione di Valie Export e, dall’altro, alla fotografia on the road di Stephen Shore.
Le aperture su “altri spazi”conducono all’antesignano “taglio” su tela di Lucio Fontana, ai vuoti sottintesi da Mario Mariotti, alla spiazzante attualità dell’immagine di Paolo Canevari.
Nella Global Tools si compatta, intorno alla rivista Casabella diretta nei primi anni Settanta da Alessandro Mendini, un’intera formazione di architetti e designer interessati a indagare la “cultura materiale extraurbana”come fanno alcuni membri di Superstudio, a denunciare “l’architettura della burocrazia”come fanno gli UFO, o a ripercorrere l’iconografia dei Radicali come avviene nella tavola apparecchiata da Remo Buti.
L’architettura riflessa di Superstudio ibrida l’architettura con la natura e anticipa la Supersuperficie dove si prefigura “un modello alternativo di vita” per mezzo della rete di servizi e comunicazioni.
Successivamente Vito Acconci sperimenta l’incontro tra corpo fisico e corpo architettonico e Michelangelo Pistoletto sviluppa l’esperienza del “quadro specchiante” anche in forma oggettuale.
Concludono la mostra l’astrazione reticolare e modulare degli Istogrammi d’architettura e l’intenso nucleo di immagini di Superstudio-backstage 1966-1978 interpretato da Cristiano Toraldo di Francia come un’opera a posteriori sul lavoro del gruppo di cui è stato uno dei protagonisti.
Dall’inizio alla fine si dispiega, come una mostra nella mostra, la presenza significativa del Superstudio-backstage 1966-1978 di Cristiano Toraldo di Francia e di documenti provenienti dal CID/ Arti Visive, in particolare dall’archivio di Lara-Vinca Masini che dei Radicali è stata un’attenta osservatrice e sostenitrice: questi materiali sono le chiavi visive e interpretative che costellano la galassia radicale di cui il Centro Pecci di Prato è oggi depositario.