Cresce la proposta di architettura del Vitra Campus a Weil am Rhein, che è insieme sito produttivo, parco pubblico, museo a cielo aperto, negozio.
Alle architetture di Gehry, Hadid, Herzog & de Meuron e Siza, si aggiunge ora il Doshi Retreat, l’ultimo progetto di Balkrishna Doshi, premio Pritzker 2018, realizzato insieme a Khushnu Panthaki Hoof e a Sönke Hoof.

Rolf Fehlbaum, presidente emerito di Vitra, ha spiegato la genesi del progetto, nato dopo aver visitato il tempio del Sole di Modhera, in India: «Ho mostrato a Balkrishna Doshi la foto di un piccolo santuario che avevo visto lì e gli ho chiesto se fosse disposto a progettare un luogo di contemplazione per il campus».
Doshi accettò la proposta e, insieme alla nipote Khushnu Panthaki Hoof – architetto, designer, curatrice e archivista – e al marito Sönke Hoof, trasformò quell’idea in un’architettura modellata dal paesaggio.
Si tratta del primo progetto di Doshi realizzato fuori dall’India e, insieme, l’ultimo a cui lavorò prima della sua scomparsa nel 2023.

Situato in una radura tra gli alberi, il padiglione si sviluppa come un percorso discendente. Il percorso curvilineo di accesso ben definito da pareti metalliche scende impercettibilmente di quota accompagnando il visitatore, insieme a suoni di gong e di flauti in ceramica, al breve tunnel ad arco dell’ingresso che conduce a una sala di contemplazione.
Lo spazio interno contiene un bacino per l’acqua piovana che ne circonda la base, due ampie panche semicircolari in pietra e il gong al centro. In alto, il soffitto racchiude solo parzialmente la sala, creando un’apertura per la luce, l’aria e le precipitazioni.
Un mandala in ottone martellato a mano, realizzato in India, adorna il soffitto rifrangendo la luce.

La struttura è realizzata in acciaio XCarb forgiato e modellato, un materiale a ridotte emissioni di carbonio composto in gran parte da rottami di acciaio e prodotto interamente con energia rinnovabile. Donato da ArcelorMittal, si tratta di un acciaio che nel tempo sviluppa una calda patina naturale attraverso un processo di corrosione controllata.

«Questa architettura è nata da un sogno in cui Doshi ha visto due cobra intrecciati. Da quella visione è scaturita una narrazione, poi una serie di schizzi e infine il progetto. È un invito a intraprendere un cammino di scoperta» ha raccontato Khushnu Panthaki Hoof.

Né Doshi, né Khushnu Panthaki Hoof, né Sönke Hoof hanno mai assegnato un’etichetta formale al Doshi Retreat. Al contrario, è pensato per presentarsi liberamente come uno spazio di solitudine e contemplazione, incoraggiando la percezione di presenze invisibili, un soggiorno che ammette il disorientamento, l’incontro e la ricerca di significato.
