A seguito del successo di pubblico registrato, rimarrà aperta fino al 25 aprile 2022 al Maxxi Museo nazionale delle arti del XXI secolo l’unica tappa italiana della mostra Sebastião Salgado. Amazônia: 200 immagini in grande formato, in 256 tonalità di grigio, disposte a diverse altezze sopra le teste dei visitatori nell’allestimento di Lélia Wanick Salgado, la moglie del grande fotografo che cura l’esposizione.
La foresta dell’Amazzonia occupa un terzo del continente sudamericano, un’area più estesa dell’intera Unione Europea. «Questa mostra– spiega Salgado – è il frutto di sette anni di vissuto umano e di spedizioni fotografiche compiute via terra, acqua e aria. Sin dal momento della sua ideazione, con Amazônia volevo ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immergersi nella sua vegetazione rigogliosa e nella quotidianità delle popolazioni native. Queste immagini vogliono essere la testimonianza di ciò che resta di questo patrimonio immenso, che rischia di scomparire. Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela».
Fin dal 1500, quando i primi navigatori portoghesi toccarono per la prima volta le coste del Brasile, la biodiversità della foresta dell’Amazzonia è stata oggetto di continua predazione, in particolare lungo i confini esterni.
«Ogni anno– dice Salgado – decine di migliaia di aziende agricole si appropriano di nuovi terreni consumando poco a poco questa foresta sterminata e distruggendo senza sosta le terre delle popolazioni indigene». E, secondo una recente ricerca pubblicata su Nature, stante l’ormai avvenuto abbattimento di più del 17 percento della biomassa della foresta amazzonica, il timore è che la deforestazione possa presto giungere a un punto di non ritorno in cui il bioma, ovvero la caratterizzazione di un ambiente data da una particolare vegetazione e un particolare clima, non sarà più in grado di ripristinarsi, con la conseguente trasformazione di vaste aree boschive in savane tropicali.
Se ciò avverrà il dramma riguarderà tutto il pianeta, non soltanto per la capacità degli alberi di assorbire CO2. La foresta dell’Amazzonia infatti è l’unico luogo al mondo in cui l’umidità aerea non dipende dall’evaporazione degli oceani: ogni albero assorbe l’acqua dal sottosuolo e come un ‘fiume volante’ proietta nell’atmosfera centinaia di litri d’acqua ogni giorno. La portata d’acqua di miliardi di grandi alberi supera persino quella del Rio delle Amazzoni dando origine a enormi nuvole verticali che il vento trasporta in tutto il mondo.
La mostra al Maxxi è divisa in due parti. Nella prima le fotografie sono organizzate per ambientazione paesaggistica, con le sezioni che vanno dalla Panoramica della foresta, con le fotografie scattate dall’alto, a I fiumi volanti, i grandi alberi della foresta pluviale.
Tutta la forza, a volte devastante, delle piogge è raccontata in Tempeste tropicali, mentre Montagne presenta i rilievi montuosi che a ovest e a nord definiscono i confini del bacino amazzonico.
Si prosegue con la sezione La foresta, che i portoghesi chiamavano “Inferno Verde”, oggi da vedere come uno straordinario tesoro della natura, per finire con Isole nel fiume, il mutevole e semi-inesplorato arcipelago che emerge dalle acque del Rio Negro.
La seconda parte è dedicata alle diverse popolazioni indigene immortalate da Salgado nei suoi numerosi viaggi, come gli Awá-Guajá, che contano solo 450 membri e sono considerati la tribù più minacciata del pianeta, agli Yawanawá, che, sul punto di sparire, hanno ripreso il controllo delle proprie terre e la diffusione della loro cultura, prosperando, fino ai Korubo, fra le tribù con meno contatti esterni: proprio la spedizione di Salgado nel 2017 è stata la prima occasione in cui un team di documentaristi e giornalisti ha trascorso del tempo con loro.
«Sin dal momento della sua ideazione– spiega Lélia Wanick Salgado – con la mostra volevo ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immergersi sia nella sua vegetazione rigogliosa che nella quotidianità delle popolazioni native. Oltre alle immagini, poste a diverse altezze e presentate in diversi formati, la mostra si sviluppa in spazi che ricordano le ocas, tipiche abitazioni indigene, evocando in modo vivido i piccoli e isolati insediamenti umani nel cuore della giungla».
Lo spazio è quasi completamente al buio, con la luce puntata soltanto in direzione delle fotografie. Le pareti sono color grigio scuro mentre le ocas sono dipinte con ocra rossa.
La visita è accompagnata da una traccia audio composta appositamente per la mostra da Jean-Michel Jarre e ispirata ai suoni autentici della foresta, come il fruscio degli alberi, i versi degli animali, il canto degli uccelli o il fragore dell’acqua che cade a picco dalle montagne.
Sono parte integrante dell’esposizione due sale di proiezione dedicate a due temi differenti: in una è mostrato il paesaggio boschivo, le cui immagini scorrono accompagnate dal suono del poema sinfonico Erosão, opera del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos; nell’altra sono esposti alcuni ritratti di donne e uomini indigeni con in sottofondo una musica appositamente composta dal musicista brasiliano Rodolfo Stroeter.
Prodotta dal Maxxi in collaborazione con Contrasto, la mostra è curata da Lélia Wanick Salgado, compagna di viaggio e di vita del grande fotografo.
Global partner Zurich, che sostiene anche il progetto Terra (raccontato da Wim Wenders nel 2014 nel film ‘Il sale della terra’), con cui Sebastião Salgado e sua moglie Lélia da anni piantano alberi per contribuire alla riforestazione dell’Amazzonia.
Sponsor della mostra Bulgarelli Production.