Biennale, Amare l’Architettura al Padiglione del Giappone

Per la 18. Biennale di Architettura di Venezia il Padiglione del Giappone punta i riflettori sul Padiglione stesso, opera rappresentativa dell’architetto Takamasa Yoshizaka, con la mostra intitolata Architecture, a place to be loved – Architettura, un luogo da amare.

L’esposizione, organizzata da The Japan Foundation, vede l’architetto Maki Onishi come curatore e Yuki Hyakuda come curatore aggiunto, co-direttori dello studio di architettura o+h, il designer Yuma Harada e l’editor Tomomi Tada membri del team curatoriale.

 

Il Padiglione Giappone progettato da Takamasa Yoshizaka, ph. ©Yuma Harada.

 

Dopo avere studiato con Wajiro Kon e collaborato con Le Corbusier, l’architetto Takamasa Yoshizaka (1917-1980) è stato attivo dal periodo della ricostruzione postbellica fino all’anno della morte. Il Padiglione Giappone, suo capolavoro, venne completato nel 1956 e da oltre cinquant’anni assolve alla funzione di base per presentare l’arte e l’architettura del Giappone alla platea internazionale.
In questa mostra, i membri del team di formazione eterogenea – architettura, tessuti, ceramica, design, editing, lavorazione dei metalli e animazione – considerano l’architettura del padiglione progettato da Yoshizaka come fulcro espositivo di varie declinazioni del tema che dà il titolo alla mostra, tema che Onishi e Hyakuda scandagliano da tempo.

Disegno del concept del progetto espositivo, 2023 ©︎o+h.

 

Il progetto rappresenta un tentativo di ampliare le possibilità e il significato dell’architettura, realizzata inglobando la gestione del paesaggio circostante, memorie e racconti. Per questo il team curatoriale è partito dal presupposto di pensare l’architettura come una creatura vivente.

 

Lo spazio pilotis progettato da dot architects con Ryohei Yoshiyuki to Job, Atelier Tuareg, Dept), ph. ©Yuma Harada, Courtesy of the Japan Foundation.

 

La tenda che si allunga dalla facciata dell’edificio; gli oggetti che pendono dal lucernario sul soffitto; lo spazio pilotis che funge da area di sosta in costante mutamento, secondo le condizioni del tempo; gli ‘anime’ proiettati sul muro strutturale, oltre a modelli, libri e a altri oggetti esposti realizzati in risposta al concetto e alle forme dell’edificio: sono tutti elementi raccolti da creativi di differenti estrazioni che hanno riservato uno sguardo ponderato al Padiglione Giappone.

 

Una delle caratteristiche del Padiglione Giappone è la capacità di invitare il visitatore a muoversi in spazi che senza soluzione di continuità uniscono il giardino all’interno, ph. ©Yuma Harada, Courtesy of the Japan Foundation.

 

L’invito rivolto ai visitatori è di interagire e di pensare a quale tipo di architettura costituisca un luogo da amare: si tratta di un’opportunità per ristabilire il nostro rapporto con essa.
Un luogo da amare è possibile quando l’architettura reca incisi i suoi ricordi e le sue storie, quando incarna lo scenario e le attività che si sono svolte dentro e intorno ad esso. Ciò consente all’architettura di assumere un significato più ampio e, per questo motivo, la riflessione inizia pensando all’architettura come a una creatura vivente.

 

L’architetto e ceramista Futoshi Mizuno ha realizzato un objet mobili con frammenti di vecchie ceramiche raccolte sulla costa di Venezia e di Tokoname, la città dove lavora, ph. ©Yuma Harada, Courtesy of the Japan Foundation.

 

Per citare Takamasa Yoshizawa, «Creare qualcosa significa dargli vita». Considerare l’architettura come una forma di vita con una propria esistenza individuale permette di amarla e nutrirla amorevolmente, abbracciandone i difetti e le inadeguatezze. Andando oltre la valutazione della funzionalità e delle prestazioni di un edificio.

 

La designer di tessuti Akane Moriyama ha realizzato una copertura temporanea che rende visibili la luce e il vento: una struttura leggera e flessibile realizzata in tessuto di poliestere riciclato, ph. ©Yuma Harada, Courtesy of the Japan Foundation.

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