Circle, Square, Triangle: a New York due mostre su Myron Goldfinger

Inaugurate in contemporanea al Paul Rudolph Institute For Modern Architecture e alla Mitchell Algus Gallery due mostre dedicate ai lavori di Myron Goldfinger.

Entrambe coprono un periodo di lavoro dell’architetto modernista compreso tra il 1963 e il 2008. I materiali in mostra, molti dei quali inediti, sono il risultato del lavoro di analisi e di catalogazione condotto dal Paul Rudolph Institute sugli archivi Goldfinger e includono modelli storici e contemporanei e stampe fotografiche originali di Norman McGrath.

Tra le opere documentate, la Goldfinger Residence a Waccabuc, NY (1969); la Zack Residence di Sands Point, NY (1977) e l’appartamento di Roberta Flack al Dakota building (New York City, 1975).

 

The Myron and June Goldfinger Residence, designed by Myron Goldfinger in 1969 for Waccabuc, New York. © The Estate of Myron Goldfinger.

 

Delle due, la mostra alla Mitchell Algus Gallery esplora progetti di Goldfinger alla scala urbana non realizzati, inclusa una proposta di abitazioni per la Roosevelt Island del 1975 e una proposta del 1970 per la Dag Hammarskjöld Plaza.

Il nome delle due mostre – Circle, Square, Triangle – richiama lo specifico approccio di Goldfinger all’architettura, le elementari forme geometriche che trasformava e assemblava intuitivamente creando spettacolari elementi architettonici, come soffitti che si elevano vertiginosamente e sbalzi che sfidano la gravità. “Le mode passano – soleva affermare – solo la geometria di base è senza tempo” per spiegare un’architettura onesta e diretta, che amava descrivere come “semplicità ordinata”.

Nato nel 1933 e cresciuto ad Atlantic City, Myron Goldfinger studiò all’Università della Pennsylvania con Louis Kahn e Paul Rudolph. Prima di aprire il proprio studio nel 1966 con la moglie June Matkovic, interior designer dei suoi edifici, lavorò per Karl Linn, Skidmore, Owings & Merrill e Philip Johnson.

Goldfinger ha progettato residenze in particolare sulla East Coast (Connecticut, Long Island e New Jersey): alle severe forme geometriche delle architetture si accostavano interni disegnati con l’esuberanza degli anni Settanta – pareti specchianti, moquette dai disegni ‘op’, arte astratta e piante sovradimensionate.
Ho sempre disegnato case dove mi sarebbe piaciuto abitare da bambino”, affermò una volta.

Nella sua ricerca si occupò anche di architettura per le comunità, nella convinzione che, in quanto al servizio dell’esperienza umana, l’architettura sia lo strumento che può dare vita a una ricca varietà di forme e spazi nei quali vivere, un quadro strutturale da costruire con la partecipazione collettiva e entro il quale si possano articolare le libere espressioni dei diversi individui.

La mostra al Paul Rudolph Institute For Modern Architecture proseguirà fino al 22 marzo 2025 (Mar-Sab dalle 13 alle 16 o su prenotazione in altri giorni o orari).

© 2020 IoArch. All Rights Reserved.

Scroll To Top