Milioni di anni fa le palme, le mangrovie e gli oleandri incisi sulla grande tenda (44 metri x 14, dettaglio nella foto di apertura) che modula lo spazio interno del padiglione Olanda all’Expo Dubai coprivano la penisola arabica per poi trasformarsi nel petrolio che ha reso ricco l’emirato e inquinato il pianeta.
Ma il materiale elaborato da Buro Belén per l’esposizione universale non deriva dal petrolio: si tratta di Pla, tecnicamente poliacido lattico, un polimero ricavato dal latte e generalmente utilizzato come materiale per stampanti 3D.
Oltre alla valenza ambientale – il Pla è riciclabile e ‘compostabile’, atossico e non rilascia sostanze tossiche volatili – il materiale utilizzato per la tettoia esterna del padiglione (il progetto architettonico è dello studio V8 Architects) presenta altri vantaggi: arresta i raggi Uv dannosi ma lascia passare i raggi Uvb, utili all’organismo per produrre la vitamina D. Inoltre rispetto al poliestere resiste più a lungo alla luce del sole ed è molto più leggero.
Da anni lo studio di progettazione di Amsterdam conduce una ricerca sui materiali e sulla creatività applicata all’innovazione, individuando biotessili alternativi ai polimeri derivati dal petrolio.
In particolare, i materiali impiegati a Dubai – prodotti insieme a Senbis Polymer Innovations e Schmitz Textiles – sono il risultato del progetto di ricerca Sun+, avviato nel 2018 e focalizzato su materiali e indumenti che co permettano di vivere felicemente e senza danni sotto il sole.
Da Sun+ sono nati prodotti come Vitamin Hat, Suntent, Shade Cloths e Unseen Glasses, tutte alternative ai ciò che normalmente indossiamo per proteggerci dal sole.
L’applicazione del padiglione di Dubai fa pensare che questa ricerca potrà avere sviluppi anche nel campo dell’architettura.