La Building Gallery di Milano presenta, fino al 23 luglio 2022, la mostra Nests in Milan dell’artista giapponese Tadashi Kawamata, a cura di Antonella Soldaini.
Conosciuto in tutto il mondo per i suoi progetti multidisciplinari, Tadashi Kawamata (Hokkaido, 1953) ha concepito appositamente per questa occasione una serie di installazioni in legno per quattro interventi che si svolgono sia negli spazi interni e sulla facciata della sede della galleria che in quelli esterni di altri edifici posti nelle sue vicinanze: Grand Hotel et de Milan, Centro Congressi Fondazione Cariplo e Cortile della Magnolia, Palazzo di Brera.
Un quinto intervento, realizzato presso l’ADI Design Museum, preannuncia poi un progetto più ampio: qui, su invito del museo e in accordo con Building, Tadashi Kawamata realizzerà in autunno un’opera site-specific appositamente concepita per dare nuova vita al legno utilizzato per gli interventi di Nests in Milan.
Un circuito virtuoso che nella visione dell’artista non significa solo avere rispetto per l’ambiente ma assecondare un processo di trasformazione che facilita la simbiosi di tutti i fenomeni dell’universo, considerati interdipendenti tra loro.
Kawamata si afferma molto giovane sulla scena artistica giapponese e internazionale. A 28 anni, dopo essersi laureato all’Università di Belle Arti di Tokyo, viene invitato al padiglione giapponese della Biennale di Venezia del 1982. Da allora partecipa alla realizzazione di progetti site-specific in tutto il mondo.
All’origine del suo lavoro le sfide urbanistiche. I cantieri in costruzione o quelli in demolizione, le aree non edificate nello spazio urbano sono al centro dell’interesse di Kawamata che, nella realizzazione dei suoi progetti, utilizza i materiali presenti sul sito “riciclandoli”. Così a Kassel, nel 1987, in occasione di documenta 8, l’artista riportò all’attenzione degli abitanti una chiesa in rovina, distrutta durante la seconda guerra mondiale e trascurata nella ricostruzione della città.
Oltrepassando i confini dei luoghi chiusi e delimitati, gli interventi di Kawamata, nati da una riflessione sulla relazione che le sue opere generano con il contesto sociale e le relazioni umane,mirano non tanto a coinvolgere un singolo edificio ma ainglobare una porzione del tessuto urbano della città. Si tratta in questo caso di architetture che, nell’ambito della storia di Milano, racchiudono un particolare valore civile e culturale e che attraverso le installazioni dell’artista saranno sottoposte a un delicato e nello stesso tempo spettacolare processo di trasformazione.
Appropriandosi via via degli spazi interni ed esterni degli edifici – come facciate, balconi, tetti – tramite una serie di costruzioni ottenute con l’intreccio di assi di legno che formano un’inestricabile griglia, apparentemente leggera ma dalla solida struttura, Kawamata sollecita una diversa lettura e interpretazione del loro aspetto e significato.
Ad accomunare i quattro interventi è il tema del nido che ricorre nelle diverse installazioni. Un tema dal forte carattere simbolico che Kawamata ha cominciato a indagare a partire dal 1998 quando le sue costruzioni lignee, che spesso in passato avevano forme astratte, si sono visualmente avvicinate a raffigurare dapprima una baracca e in seguito un nido. Installato nei punti più disparati: su un palo della luce a Bonn (2007), sulla facciata del Centre Georges Pompidou a Parigi (2010) e sulla facciata di Palazzo Strozzi a Firenze (2013).
Il nido rimanda alla necessità universale di costruire, sia nel mondo animale che in quello umano, un rassicurante rifugio. I nidi di Kawamata ci riportano ai valori e alle necessità primarie; ci spingono a riconfigurare mentalmente lo scenario architettonico che ci circonda e a ripensare il nostro rapporto con lo spazio che quotidianamente viviamo.
A metà tra l’apparire il frutto di un casuale assemblaggio e l’essere il risultato di una preordinata costruzione, i nidi di Kawamata rimangono fortemente legati al linguaggio artistico.
Il loro aspetto elegante e delicato rimanda a una sofisticata concettualità, le cui origini sono da individuarsi nella visione di una realtà in continuo movimento, transitoria, fluttuante e soggetta al passare del tempo.
Un modo di concepire la vita che ha la sua fonte primaria nella cultura giapponese di cui Kawamata rappresenta una delle figure più interessanti. Non a caso al termine della mostra i nidi saranno smontati e il legno utilizzato per un dare vita a una nuova opera d’arte che sarà collocata il prossimo autunno nella parte antistante l’entrata dell’ADI Design Museum. In questa ottica è il tempo, inteso come indicatore della grandezza o del declino di un monumento o di un sito, l’elemento chiave nella sua attività.
Gli interventi di Kawamata creano dei ponti tra il passato e il presente rivelando la componente affettiva e invisibile delle cose, ma anche la loro realtà materiale. La condivisione del lavoro con assistenti, studenti, artigiani, volontari e cittadini, nelle varie fasi costruttive dell’opera favoriscono il risveglio di questa memoria.