Si è tenuto nei giorni scorsi l’incontro tecnico sul tema “Il BIM per la progettazione impiantistica: esperienze e strumenti a confronto”, promosso da Aicarr con il sostegno, in questa occasione, di Mce-Mostra Convegno Expocomfort e di Harpaceas.
Nel corso dell’incontro si è evidenziato come la cultura digitale rappresenti un cambiamento profondo nel modo di pensare, collaborare e creare valore nella progettazione, realizzazione e gestione dei sistemi edilizi. Non si tratta solo di utilizzare strumenti informatici, ma di abbandonare la logica del documento statico per abbracciare quella del dato dinamico, accettando la complessità e promuovendo la collaborazione tra tutti gli attori della filiera, cosa che andrebbe fatta, come ha sottolineato il moderatore Ing. G. Loperfido, responsabile delle Attività Territoriali di Aicarr, sin dalla nascita di un nuovo progetto e in tutte le fasi successive.
«Il BIM rappresenta oggi uno dei principali motori dell’innovazione nel settore della progettazione impiantistica– ha spiegato nel suo intervento il prof. Giuliano Dall’O’ del Dipartimento ABC del Politecnico di Milano – uno dei luoghi più significativi dove la cultura digitale prende forma. Ma dobbiamo smettere di pensarlo come un “software” o come un obbligo normativo. Il BIM è prima di tutto una visione integrata del costruire. Un modello aperto, informativo, dinamico, aggiornabile, che accompagna l’intero ciclo di vita dell’opera».
Per il mercato globale, il BIM è passato da circa 8,6 miliardi di dollari nel 2023 a una previsione di 24,8 miliardi entro il 2030, con un Cagr (Compound Annual Growth Rate) del 16,3 per cento. Registra ancora una penetrazione molto differenziata tra Paesi, con livelli ben superiori nei contesti che hanno introdotto mandati governativi o premialità. In Italia, secondo l’indagine AssoBIM 2024, solo il 13 per cento dei professionisti si sente “molto sicuro” sul BIM, ma oltre il 70 per cento ritiene che il BIM offra vantaggi non ancora compresi dai committenti.
Le adozioni sono ferme al 25-30 per cento, concentrato nei grandi enti, rispetto al 70-80 per cento di nazioni come il Regno Unito, dove è obbligatorio dal 2016.
Dal 1 gennaio 2025 l’uso del BIM è obbligatorio per gli appalti pubblici con soglia elevata sopra i 2 milioni di euro. L’Italia rischia di restare marginale nel mercato globale della progettazione digitale. «Il BIM non è un orizzonte lontano – ha proseguito Dall’O’ – È la lingua comune con cui parlano già le infrastrutture internazionali. Una cultura digitale non si può imporre per decreto, ma va coltivata, costruendola ogni giorno, proprio come un progetto. Serve un’alleanza tra le istituzioni, i progettisti, le università, le imprese, le software house, per una vera e propria alfabetizzazione del costruire».
L’ingegner Guido Davoglio di Tekser ha evidenziato alcune criticità rispetto all’adozione di strumenti di gestione informativa digitale, che in Italia corrisponde alla definizione utilizzata a livello internazionale, e che posiziona il BIM entro il contesto più ampio dell’Information Management. «In primo luogo il Codice dei Contratti Pubblici si scontra tuttora con l’inadeguatezza delle stazioni appaltanti (soprattutto delle amministrazioni periferiche), in particolare per quanto attiene proprio gli obblighi legati al BIM per carenze strutturali, di formazione e di risorse».
«Accade poi spesso che non ci sia corrispondenza tra i livelli di fabbisogno informativo inseriti nel capitolato e lo stadio della progettazione posto a base di gara – ha proseguito Davoglio. Infine, i tempi di progettazione non compatibili con la complessità di un modello informativo digitale coordinato. I cronoprogrammi della progettazione imposti contrattualmente sono spesso eccessivamente compressi e non consentono i tempi tecnici minimi per il coordinamento multidisciplinare né tanto meno il monitoraggio, controllo e condivisione del progetto in progress con la stazione appaltante».

L’adozione del BIM in Italia si scontra inoltre con una serie di barriere culturali radicate nel settore delle costruzioni. Queste criticità non riguardano solo la tecnologia, ma soprattutto il modo in cui le persone e le organizzazioni lavorano, condividono informazioni e si relazionano tra loro.
L’ingegnere Marco Torri, del Dipartimento ABC del Politecnico di Milano ha illustrato le principali difficoltà: «Innanzitutto la scarsa propensione al lavoro in team strutturati. In molti casi, i professionisti italiani tendono a operare in modo individuale o in piccoli gruppi poco coordinati, ostacolando la creazione di un ambiente collaborativo necessario per il successo del BIM. Questo approccio limita la possibilità di integrare competenze diverse e di affrontare i progetti in modo multidisciplinare. Un’altra barriera significativa è la tendenza a custodire gelosamente competenze e dati. La cultura della condivisione, fondamentale per il BIM, fatica ad affermarsi: spesso le informazioni restano all’interno dei singoli studi o professionisti, impedendo la creazione di un patrimonio condiviso di conoscenze e dati utili a tutti gli attori coinvolti».
Il settore delle costruzioni in Italia è poi ancora fortemente influenzato da un modello poco incline al coordinamento orizzontale. E nonostante la crescente diffusione degli strumenti digitali, l’uso del digitale è spesso più formale che sostanziale.
Infine, la cultura della committenza rappresenta un ulteriore ostacolo. «Spesso, i committenti italiani si accontentano di prestazioni “minime” e prediligono relazioni informali, piuttosto che richiedere standard elevati e processi strutturati. Questo limita la domanda di servizi avanzati e l’innovazione nei processi progettuali e costruttivi – ha ribadito Torri. Superare queste barriere richiede un cambiamento profondo, non solo nell’adozione delle tecnologie, ma soprattutto nei comportamenti, nelle relazioni e nella mentalità degli operatori del settore. Solo così sarà possibile sfruttare appieno i benefici del BIM e favorire una reale trasformazione digitale nel mondo delle costruzioni».
Marco Picco e Carmine Robbe di Harpaceas hanno sottolineato come il BIM sia uno strumento chiave per garantire la collaborazione tra i diversi attori della progettazione impiantistica, facilitando l’integrazione tra modelli architettonici, strutturali e impiantistici. «L’integrazione del BIM nella progettazione MEP (Mechanical, Electrical, Plumbing) consente una riduzione del 30 per cento delle interferenze impiantistiche in cantiere, tempistiche di progettazione e verifiche anticipate del 20 per cento, oltre a garantire un coordinamento multidisciplinare continuo e una gestione semplificata della manutenzione tramite modelli digitali aggiornati. Il BIM permette inoltre simulazioni, clash detection, computi metrici automatici e un dialogo aperto tra tutte le figure progettuali».
In conclusione, Massimiliano Pierini, Managing Director di RX Italy, ha ricordato come il 75 per cento del parco edilizio europeo sia inefficiente dal punto di vista energetico e ha concluso sottolineando come la digitalizzazione possa essere la leva strategica fondamentale per la crescita e la trasformazione del settore impiantistico.
«Mostra Convegno Expocomfort considera la digitalizzazione un elemento centrale per il futuro del mondo Hvac+R, delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e del comfort abitativo. Si tratta di un percorso imprescindibile per il settore, che deve costantemente promuovere l’adozione di nuove tecnologie, l’integrazione tra fisico e digitale e la formazione degli operatori su queste tematiche. La manifestazione si è distinta negli ultimi anni per aver promosso attivamente il dibattito e la formazione su questi temi, ha fatto cultura proponendosi come piattaforma di business e networking a supporto delle aziende nel cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione, favorendo la visibilità globale e la connessione tra fornitori di tecnologia e decisori aziendali».