L’industrializzazione dei processi edilizi, un convegno a Milano

Il settore delle costruzioni è l’unico dove, anziché crescere, negli ultimi trent’anni la produttività per ora lavorata è diminuita. Si continua a costruire come si è sempre fatto e, seppur cresciuta, la prefabbricazione, con gli indubbi vantaggi che comporta in termini di tempi, di qualità e di gestione del cantiere, non ha ancora preso realmente piede.
Sia perché la prefabbricazione pesante degli albori avrebbe richiesto una continuità della domanda tale da giustificare gli investimenti industriali necessari per produrre i componenti; sia perché il tema è sempre stato impostato con riferimento a specifici materiali – ad esempio il legno – mentre, come molti relatori del convegno che si è svolto a Milano nei giorni scorsi hanno sottolineato, è importante pensare in termini di costruzioni ibride, come nel caso del villaggio olimpico Milano-Cortina che sta sorgendo a Milano nell’area di Porta Romana con due mesi di anticipo sul cronoprogramma: colonne in acciaio, solette in cemento, tamponamenti in pannelli Osb di legno.

 

Il cantiere del villaggio olimpico Milano-Cortina 2026.

 

Ma – come ha ricordato Eugenio Kannes, a.d. di Brioschi Sviluppo Immobiliare, una delle sette aziende che hanno organizzato il convegno ‘Costruiamo il futuro. Dall’on-site all’off-site: industrializzare per rinnovare il settore delle costruzioni’, «la carenza di manodopera qualificata e l’aumento dei costi di costruzione, che dal 2019 ad oggi sono lievitati del 30 per cento, spingono verso la ricerca di soluzioni alternative a quelle tradizionali».

Del resto oggi ci troviamo in un momento di grande cambiamento, nel quale la digitalizzazione ha dettato una trasformazione importante, come ha ricordato Marco Imperadori, professore ordinario di produzione edilizia al Politecnico di Milano: «l’introduzione di metodologie Bim (Building information modeling) permette di generare un modello informativo dinamico, interdisciplinare e condiviso, attivo, che contiene le informazioni sull’intero ciclo di vita dell’opera, innescando un cambio di paradigma, così come è avvenuto per altri settori, come automotive, navale o aero-spaziale».

L’industria stessa si è evoluta dalla produzione di massa verso una crescente personalizzazione, ottenuta sia grazie alla progettazione digitale e alla manifattura robotica sia immaginando il singolo prodotto come il risultato dell’assemblaggio di componenti, come del resto già avviene negli edifici-casi di studio presentati nel corso della mattinata. È il caso ad esempio della torre residenziale 262 5th Avenue a New York presentata da Ruggero Gualini, presidente esecutivo di Gualini Spa che ha curato la progettazione architettonica e ingegneristica delle facciate strutturali e dei due rivestimenti architettonici: «il rivestimento ha due anime: una in mattoni in alluminio estruso; l’altra, più tecnologica, in alluminio composito e vetro fotovoltaico. Le cellule vetrate sono molto ampie: sono state realizzate direttamente e interamente in Italia per poi essere trasportate al porto di New York e da qui al cantiere per l’assemblaggio e il montaggio. Tutta la struttura è customizzata sulla base delle esigenze del cliente e dell’architetto».

 

La torre residenziale 265 5th di NY realizzata da Gualini.

 

Oltre ai vantaggi in termini di tempi e di organizzazione del cantiere, è la crescente attenzione alle tematiche Esg a raccomandare il ricorso all’off-site. «Riteniamo che ormai l’industrializzazione Off-site sia l’unica strada percorribile per ridurre l’impatto ambientale nelle nostre città – ha affermato Franco Daniele, presidente di Tecnostrutture, una delle aziende che hanno organizzato l’incontro. Si tratta di una via reale alla sostenibilità di tutto il comparto, non solo per quanto riguarda le nuove costruzioni ma anche per la riqualificazione e riconversione di aree dismesse e vetuste».

Nel caso di The Forge, realizzato per il 70 per cento off-site nel centro di Londra e presentato da Mauro Burgio, direttore di Bryden Wood Italia, la carbon footprint si è ridotta del 30 per cento rispetto a un’opera costruita con metodi convenzionali.

Costruire i componenti in stabilimento per assemblarli in cantiere impatta anche sulla dignità del lavoro e sulla sicurezza, ha ricordato Marco Bentivogli, esperto di politiche del lavoro e co-fondatore di Base Italia: «spingere sull’edilizia off-site significa lavorare con un minor impatto ambientale, in modo più sicuro, più sostenibile. È un approccio che favorisce un lavoro di qualità, più dignitoso, che mette in campo maggiori competenze. L’industrializzazione delle costruzioni intreccia in avanti, e non indietro, gli obiettivi di sostenibilità; questo deve essere chiaro anche agli enti pubblici, alle istituzioni, ai decisori».

Tra gli altri casi, Rubner Holzbau ha presentato Roots, il cui corpo principale, alto circa 70 metri, ne fa l’edificio con struttura portante in legno (ma il core centrale è in cemento armato) più alto della Germania: «è un progetto con elevato livello di prefabbricazione, che ha permesso di velocizzare tutte le attività di cantiere e ottenere performance importanti ottimizzando i tempi e le risorse. Roots – ha spiegato l’ingegner Roberto Modena, project manager di Rubnerha solai in legno e pareti prefabbricate sia interne che esterne. Le pareti esterne sono completamente prefabbricate, compresi i rivestimenti e gli infissi. Questa è un’ottima soluzione anche per il mercato italiano, utilizzabile ad esempio per la realizzazione di facciate su edifici nuovi o per la riqualificazione degli edifici esistenti, ma in Italia siamo ancora molto indietro, soprattutto perché l’analisi costi-benefici fa riferimento unicamente ai costi di produzione; non si ragiona sul lungo periodo, cioè sull’intero ciclo di vita dell’edificio. Analizzando un progetto mediante Life Cycle Costing, i vantaggi della produzione off-site risulterebbero molto più evidenti».

 

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Roots, l’edificio in legno più alto della Germania. Progetto architettonico Störmer, Murphy and Partners, costruzione Rubner.

 

Di Life Cycle Assessment ha parlato anche l’ingegner Luca Benetti, direttore di Pichler Italia: «occorre affrontare il tema dell’edilizia con un approccio che comprenda tutto il life cycle di un edificio. Il vero vantaggio dell’industrializzazione off-site sta nell’intero ciclo di vita di ciò che costruiamo. Applicare le tecniche e la tecnologia off-site agli edifici significa renderli più sostenibili, favorendo l’economia circolare, grazie alla certezza dei tempi di costruzione, a prestazioni più elevate e a bassissimi costi di demolizione. Noi di Pichler, agevolati anche dal materiale che lavoriamo, cioè l’acciaio, oggi industrializziamo l’80 per cento del processo costruttivo. Applichiamo l’industrializzazione off-site non solo ai nuovi edifici ma anche alle ristrutturazioni o alle rigenerazioni urbane. L’esempio del Campus Milano Internazionale, uno studentato di 18 piani ubicato nei pressi dell’università Bicocca di Milano, prevede elementi strutturali in acciaio; tutto l’involucro è realizzato con cellule prefabbricate, poi assemblate in cantiere».

 

Campus Milano Internazionale, progetto architettonico GaS Studio, costruzione Pichler

 

Studentati come quello di Campus Milano Internazionale e built-to-rent del resto, nell’opinione di Roberto Mangiavacchi, sono le tipologie edilizia che meglio si prestano all’industrializzazione della costruzione.
Nel suo intervento, il vice-presidente di Impresa Percassi ha poi posto l’accento sull’esigenza di adottare nuovi modelli contrattuali di tipo collaborativo, indispensabili nel caso dell’industrializzazione off-site: «i modelli collaborativi hanno il vantaggio di favorire lo scambio di informazioni tra impresa e progettisti; di ridurre i costi attesi perché è possibile fare simulazioni; di coinvolgere i subappaltatori con conseguente riduzione di tempi e correzione veloce dei difetti di cantiere; di favorire un clima di fiducia nel team operativo, funzionale a più efficienza e velocità anche nel risolvere i problemi di cantiere. L’industrializzazione off-site favorisce il clima generale di collaborazione. Il miglioramento del nostro settore deriva dalla continua attività di confronto e di fine tuning nel pensare ai componenti costruttivi e all’intero progetto».

Il convegno Costruiamo il futuro. Dall’on-site all’off-site: industrializzare per rinnovare il settore delle costruzioni’ è stato organizzato da Brioschi Sviluppo Immobiliare, Gualini, Harpaceas, Impresa Percassi, Pichler, Rubner Holzbau, Tecnostrutture.

Con il moderatore Gianluca Semprini sono intervenuti Eugenio Kannes, Marco Imperadori, Paolo Zilli, associate director di Zaha Hadid Architects, Mauro Burgio, direttore di Bryden Italia, Marco Bentivogli, Paolo Sattamino, Roberto Mangiavacchi, Maria Greca Sollai, Roberto Modena, Luca Benetti, Ruggero Gualini.

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