Iridescenti come il Favrile Glass brevettato da Louis Comfort Tiffany nel 1896, elementi di ceramica in forma di diamante galleggiano sospesi sulle vetrate del negozio di Tiffany riaperto recentemente a Stoccarda dopo l’intervento di riqualificazione. La facciata è dello studio olandese Mvrdv.

Sono 2.829 – montati direttamente sia sull’esterno sia sull’interno dei vetri con cavi di acciaio quasi invisibili – gli elementi tridimensionali le cui geometrie richiamano i tagli dei diamanti. La loro disposizione crea trasparenza e opacità dove richiesto, fino a dissolversi per lasciare spazio alle vetrine espositive e all’ingresso del negozio.
Ciascun ‘diamante’ è stato modellato e fuso a mano con un metodo di “slip-casting”, un processo di formatura per colaggio, e successivamente smaltato in uno dei nove colori di una palette che va dal verde-blu ‘Robbin’s Egg’, tipico di Tiffany, al bianco incontaminato. Colori che, mentre affermano già da lontano l’identità del brand, si sposano con i toni neutri del quartiere dello shopping di Stoccarda dove si trova il negozio.
Gli elementi ceramici sono stati fabbricati a mano da Koninklijke Tichelaar, la più antica fabbrica di ceramiche olandese, in stretta collaborazione con i progettisti di Mvrdv.
La loro lucentezza, ottenuta variando intenzionalmente la composizione minerale e la temperatura di cottura, rende i ‘diamanti’ ceramici iridescenti, con un effetto naturale che varia in funzione della luce, del tempo e dell’angolo di osservazione.
“Con questo progetto – dice Jacob van Rijs, uno dei soci fondatori di Mvrdv – abbiamo cercato di catturare il senso di meraviglia che ha sempre caratterizzato il mondo di Tiffany & Co. fin dalla sua nascita. La stessa meraviglia ce mi auguro possa suscitare il fatto di sentirsi circondati da diamanti scintillanti che sembrano fluttuare nello spazio”.

General contractor dell’intervento di riqualificazione nel negozio Tiffany & Co di Stoccarda l’italiana Somec – Mestieri Group.
Progetto illuminotecnico dello studio milanese Metis Lighting di Marinella Patetta e Claudio Valent