La ricerca dell´anima del luogo, motivo conduttore del suo lavoro, tende a trascendere la topografia, la geografia ed il puro contesto fisico per rivolgersi direttamente a componenti naturali attive e dinamiche. È la luce solare la variabile astronomica e si potrebbe aggiungere, ecologica che, nell´opera di Arnaboldi, viene rivelata e celebrata attraverso l´architettura in modo consapevole, pertinente, ben misurato.
L´attenzione di Michele Arnaboldi per le componenti ambientali, fisiche e non fisiche, prende nella sua architettura una forma inedita: una ricerca in cui risiede un potenziale incredibile di evoluzione in senso ambientale dell´architettura.
Un misurato controllo della luce solare é sicuramente uno degli aspetti che contraddistingue maggiormente il suo lavoro. Da cosa deriva questo interesse?
Per prima cosa ho progettato e realizzato molte case unifamiliari. Ultimamente, nelle case private, ricorre una certa tendenza “modaiola”, basata sulla ricerca di effetti di luce sempre piú particolari. Non credo tuttavia sia possibile, o ragionevole, proporre in una casa una luce con la stessa connotazione “drammatica” che caratterizza opere aperte alla frequentazione del pubblico, come ad esempio un museo o una chiesa. Per di più con l´abitazione unifamiliare il programma é sempre lo stesso: soggiorno, pranzo/cucina, e le solite 3 camere da letto. È sempre presente il rischio della ripetizione e, di conseguenza, della noia. Forse é proprio da qui che ha inizio la mia ricerca sulla luce domestica. La luce domestica è particolare e differente, ha connotati funzionali e molto scarsamente simbolici, e per me é uno strumento fondamentale per legare l´intervento al luogo. La luce e l´ombra formano elementi che, come meridiane, rivelano il trascorrere del tempo ed il mutare ciclico delle stagioni. La luce dà origine a condizioni ambientali differenti, gli spazi diventano mutevoli e, decisamente, si esce dalla noia! In breve: una volta capita la luce si comprende veramente il luogo.
Anche se il controllo di aspetti mutevoli ed in una certa misura, evanescenti, come la luce, non è sempre facile nè scontato
È un dato di fatto che realizzando un progetto, nonostante tutti i plastici, i modelli e le simulazioni possibili e immaginabili, qualche sorpresa salta sempre fuori. Ed anche é un vero peccato che, una volta che conclusa l´opera, non ci sia mai l´occasione di abitarla. Da questo punto di vista un´esperienza per me veramente istruttiva é stato quando, costruendo casa mia (casa Vignascia completata nel 2006 N.d.C.), mi sono trovato ad essere contemporaneamente committente, progettista ed utente finale. é una casa che mi sorprende sempre.
Questa sua ricerca ha qualcosa a che fare con l´architettura dell´antichitá, dove sicuramente il sole e l´astronomia erano componenti fondamentali?
Anche se un´abitazione non ha chiaramente la loro stessa precisione, certamente opere come Chichen Itzá in Messico e molte altre che mi hanno sempre affascinato. Opere di quel tipo rivelano comunque un´attenzione particolare al luogo che considera aspetti che forse passano troppo spesso in secondo piano. Quando si parla di luogo in genere viene in mente la morfologia, la topografia e il paesaggio. Ma in realtá in questa parte delle Alpi (il Canton Ticino N.d.R.) abbiamo una luce bellissima, limpida, forte. Nei miei progetti voglio costruire piccoli paesaggi, strutture che si inseriscono nella luce e per le quali la luce diventa un elemento fondamentale. Da punto di vista del paesaggio credo infine esistano due approcci fondamentali al progetto: uno é concepire un edificio come un oggetto, concluso in se stesso, come fa con grande eleganza, Mario Botta ad esempio. L´altro é disegnare insieme all´edificio tutto quanto gli sta intorno, e questo credo sia l´approccio che mi appartiene di piú.
Come si sviluppa il suo lavoro? Quali sono i passi principali e quali gli strumenti?
Dopo un pò di tempo, ho imparato a far maturare il progetto per prima cosa nella mia testa. Sento innanzitutto il bisogno di individuare il tema. Solo successivamente incomincio con gli schizzi che credo rappresentino un momento di sviluppo di un pensiero giá formato. Cerco in questa fase di non farmi condizionare da niente, nemmeno dai regolamenti, e di restare più libero possibile. Finiti gli schizzi, si passa alla fase di programma, di funzionamento, si lavora in pianta, ma anche e soprattutto, in sezione. Contemporaneamente si affrontano i problemi strutturali. In tutte queste fasi l´architettura é un pensiero lontano e, francamente, l´ultimo dei problemi. La ricerca stilistica non mi interessa affatto. Tutto deve avere una logica ed essere pensato correttamente, in caso contrario lo elimino. Sono convinto che se entri in uno spazio e da subito ti concentri sui dettagli c´è qualcosa di sbagliato, c´è qualcosa che ti distrae dallo spazio. I dettagli sono fondamentali ma solo se sono una conseguenza di un ordine complessivo: sono importanti, ma devono essere quasi invisibili. Infine, per me è importantissimo che il progetto possa maturare ed evolversi durante la costruzione. Purtroppo, con i sempre piú ricorrenti contratti ad imprese di costruzioni generali, questo sta diventando impossibile.
Quali sono le sue fonti di ispirazione principali?
Come architetti, sono i classici: Le Corbusier, Louis Kahn, Mies, Aalto. Mi piace molto Alvaro Siza e certo non posso disconoscere i miei maestri ticinesi: Snozzi, Vacchini, Galfetti, Botta. Un autore che mi ha influenzato molto é peró anche James Hillman, un filosofo e psicanalista di scuola junghiana. E anche un teorico dell´architettura di nome Carlos Mart Ars autore di saggi bellissimi come “Silenzi eloquenti” e “L´arco e la céntina”. E ovviamente il paesaggio, non solo il paesaggio naturale, chiaramente, ma anche il paesaggio urbano.
Quali pensa siano le caratteristiche fondamentali di una grande opera di architettura?
Non saprei. Posso dire che quando insegnavo negli Stati Uniti, io e il mio amico spagnolo LLuis un giorno abbiamo preso l´aereo e siano andati a Forth Worth per vedere il museo di Louis Kahn é stata una lezione incredibile. Quell´opera é una sintesi di tutta la storia dell´architettura. C´è una componente classica ma allo stesso tempo moderna, che per molti versi ricorda Corbu. Per non parlare dei dettagli é una grandissima opera. Ma devo riconoscere che anche altre architettura, per quanto controverse, sono ugualmente notevoli, tra queste senza dubbio il Guggenheim di Bilbao, o molti lavori di Oscar Niemayer.
Ultimamente si parla molto di ecologia. Tanto che le targhe di sostenibilitá ormai si sprecano. Come vede la questione in architettura?
Chiaramente non é possibile sottrarsi a questi aspetti, ma bisogna considerare che una buona architettura giá li affronta e risolve. Senza contare che il lato tecnico é una componente molto specifica che, per quanto importante, é per molti aspetti caratterizzata da una certa autonomia dal progetto. Parlando di sostenibilità ritengo particolarmente critico lo spreco di territorio, ma questo dipende da una buona pianificazione e da scelte collettive intelligenti, purtroppo spesso inesistenti. In definitiva credo che la questione sia riconducibile principalmente e quasi esclusivamente a buona pianificazione, buona urbanistica e buon progetto, che si sviluppi nel rispetto dei luoghi, dell´ambiente e del paesaggio. é un dato di fatto che le nuove normative, come da noi Minergie, tendono sempre di più a promuovere la trasformazione di un edificio in una specie di macchina con soluzioni come ventilazione controllata e finestre non apribili e sono ormai talmente restrittive da comportare molte complicazioni tecniche, e pertanto, aumenti significativi dei costo di costruzione. Non é detto che tutto questo sia propriamente qualificabile come “sostenibile”. Questa crescente complicazione necessita peraltro di un numero sempre maggiore di figure specialistiche in un processo in cui l´architetto, da coordinatore generale, tende sempre piú a diventare uno specialista come tanti altri.
Michele Arnaboldi Ed è professore di architettura presso l´accademia di Mendrisio. Il suo lavoro, é stato oggetto di numerosi premi e riconoscimenti, tra questi: RS2 nel 2002; SIA nel 2003; Reiners Stiftung nel 2005 e Dedalo Minosse nel 2006. |