Come ogni anno, l’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana di Mendrisio espone i risultati prodotti dalla comunità accademica di studenti e ricercatori nei precedenti due semestri di attività didattica.
Se l’obiettivo principale rimane quello di avvicinare il pubblico alla varietà degli insegnamenti e delle attività svolte all’interno del campus di Mendrisio, tutte finalizzate alla formazione di nuove generazioni di architetti secondo il progetto innovativo e sperimentale ereditato dagli iniziatori della scuola, la mostra di quest’anno – curata da Marco Della Torre e Manuel Orazi e frutto del lavoro collettivo della comunità accademica – diventa anche occasione per riflettere sulla natura di una scuola di architettura.
Nel ‘900 l’accademismo Pompier nato dall’École des Beaux-Arts fu messo in crisi dall’esempio della Bauhaus. La chiusura della scuola fondata da Walter Gropius da parte dei nazisti nel 1933 e la diaspora dei professori che ne seguì portò a una irradiazione dei principi modernisti nel resto d’Europa e soprattutto negli Stati Uniti.
A Chicago Ludwig Mies van der Rohe, dovendo riprogrammare l’Illinois Institute of Technology, ribadiva l’intenzione di uscire dall’accademismo stilistico: «Non gli impartiamo soluzioni, ma cerchiamo di insegnare agli studenti i mezzi per risolvere i problemi».
Ecco dunque che nella mostra in corso fino al 30 giugno al Teatro dell’Architettura uno spazio tratteggia in sintesi i principi che hanno guidato la formazione di alcune scuole del secolo scorso, importanti punti di riferimento per i programmi didattici delle scuole di architettura del ventunesimo secolo: la Hochschule für Gestaltung di Ulm, la Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, l’Architectural Association di Londra, l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia e l’Institute for Architecture and Urban Studies a New York.
Il percorso espositivo inizia al piano terreno del Teatro dell’architettura con una presentazione degli atelier di progettazione, di quelli di rappresentazione visiva e di consapevolezza spaziale del primo anno del corso di Bachelor e continua nelle due gallerie ai piani superiori.
La visita procede con l’esposizione delle attività riferite agli anni successivi nei differenti ambiti didattici e organizzate per sezioni: dalle discipline storico-umanistiche alla cultura del territorio e del paesaggio, da quelle riferite alle tecnologie costruttive consapevoli, tradizionali e innovative alle scienze esatte, dalle tecniche di rappresentazione e dai workshop di cinema e fotografia per l’architettura ai corsi dedicati al progetto per l’effimero.
A conferma dell’importanza e della centralità del progetto di architettura nel percorso formativo dell’Accademia, al secondo piano sono in mostra gli esiti degli atelier di progettazione suddivisi per gruppi a seconda delle intenzionalità e delle vocazioni espresse: da quelli dedicati all’housing per le abitazioni individuali e collettive a quelli per all’architettura a scala territoriale, dagli atelier per progettare il riuso del patrimonio esistente agli atelier portatori di valori all’insegna dell’internazionalismo critico.
La visita è scandita da una serie di interviste realizzate con studenti e studentesse, assistenti e docenti a rappresentare l’ampia e variegata comunità che anima il campus della scuola di Mendrisio.
Fondata nel 1996 da Mario Botta e Aurelio Galfetti, dal 2002 ad oggi l’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera Italiana di Mendrisio ha formato 2.346 nuovi laureati, il 97 per cento dei quali trova lavoro entro un anno dal diploma (tempo medio 2,6 mesi).