Napoli tra architettura e antropologia. Una mostra al museo Madre

Si intitola come il romanzo con il quale Enzo Striano raccontò la fine ingloriosa della giacobina Repubblica Napoletana la mostra collettiva Il resto di niente in corso al museo Madre di Napoli, da un’idea di Sabato De Sarno e curata da Eva Fabbris con Giovanna Manzotti.

Napoli e i suoi mutamenti sono al centro del percorso espositivo che trova il proprio filo rosso nell’indagine di Aldo Loris Rossi (Bisaccia, 1933; Napoli, 2018).

Figura fondamentale e visionaria della scena architettonica italiana della seconda metà del Novecento, Rossi imposta a partire dagli anni Sessanta un radicale discorso estetico e politico sull’architettura e sull’urbanistica, riservando un’attenzione particolare alla città di Napoli. La visione di Aldo Loris Rossi emerge in mostra dalla selezione di disegni e progetti da lui realizzati per Napoli, molti dei quali concepiti insieme a Donatella Mazzoleni, posti in un inedito dialogo con le opere di dodici artisti contemporanei di diversa provenienza e generazione, ognuno dei quali porta risposte e interpretazioni diverse.

Vividi esempi di architettura brutalista, progetti come la Casa del Portuale (1968-1980) e il complesso residenziale di Piazza Grande (1979-1989) si inseriscono nel panorama urbano napoletano e appaiono come enormi e autonome astronavi, ideate nel solco delle utopie del secondo dopoguerra ma separate dalla vita che scorre nella città. Ripensando al futuro che quelle costruzioni prospettavano, e guardando all’immaginario che oggi creano, questi edifici diventano lo spunto per una riflessione sull’abitare e le sue implicazioni affettive.

 

Tobias Zielony, Overshoot 1, 2024. Courtesy dell’artista e Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

 

L’interazione più diretta con queste tematiche è restituita da Tobias Zielony, che in occasione della mostra ha realizzato una serie di scatti dedicati ad alcune delle più celebri costruzioni di Rossi con Mazzoleni.

Proseguendo nel percorso espositivo si incontrano le opere di Vincenzo Agnetti (1926-1981) e Nanda Vigo (1936-2020), artisti di una generazione vicina al periodo dell’architettura utopica, che creano interessanti paralleli, rispettivamente concettuale e cosmogonico, con il lavoro di Rossi.

Altri protagonisti di Il resto di niente, aperta fino al 29 luglio, sono i lavori di Giulio Delvè (1984), Özgür Kar (1992), Franco Mazzucchelli (1939), Jim C. Nedd (1991), Sara Persico (1993), RM (Bianca Benenti Oriol e Marco Pezzotta), Domenico Salierno (1967) e Angharad Williams (1986).

La mostra, sostenuta da Gucci, si avvale della collaborazione degli Archivi di Ateneo dell’Università degli studi di Napoli Federico II; dell’Archivio Vincenzo Agnetti, Milano; dell’Archivio Nanda Vigo, Milano.

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