Quando le strutture prendono forma, la mostra su Mangiarotti in Triennale

Aperta fino al 23 aprile in Triennale Milano una delle più complete retrospettive mai realizzate sulla figura di Angelo Mangiarotti.

Quando le strutture prendono forma, curata da Fulvio Irace, fa parte del ciclo avviato alcuni anni fa dall’istituzione milanese sui grandi maestri del dopoguerra e ripercorre oltre 60 anni di attività dell’architetto milanese con un’ampia selezione di opere, progetti, documenti e materiali, molti dei quali mai esposti prima.

Sia la selezione curatoriale – cui, insieme a Irace, hanno partecipato Francesca Albani, Franz Graf per la sezione architettura, Luca Pietro Nicoletti per la sezione scultura e Marco Sammicheli per la sezione design – sia il progetto di allestimento riflettono l’attitudine di Mangiarotti nell’affrontare ogni singolo problema progettuale all’interno di una visione globale in cui la sperimentazione, le caratteristiche del materiale e le funzioni statiche vanno ben oltre le leggi della struttura, attraverso sperimentazioni dei materiali come cemento, marmo e vetro.

Angelo Mangiarotti, Deposito Splügen Bräu a Mestre (1967). Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti, fondo Giorgio Casali

«Angelo Mangiarotti – dice Ottavio Di Blasi, che ha progettato l’allestimento sviluppando un’idea nata insieme a Renzo Piano – era un architetto completo, un costruttore che trattava con la stessa attenzione il progetto di un tavolo come quello di un capannone industriale e passava con naturalezza dal disegno di un vaso alla struttura di una stazione miscelando con sapienza la ricerca formale con il rigore strutturale e la conoscenza dei materiali. Per questo la mostra è fatta di grandi tavoli pieni di oggetti, schizzi e modelli di studio; alcuni volano a poche decine di centimetri da terra ed altri sono sospesi a 3 metri di altezza, focalizzando l’attenzione sulle opere: una architettura fatta di piani che definiscono le superfici espositive e che dialogano con il grande spazio della Triennale».

La chiesa di Baranzate, progettata nel 1957 con Bruno Morassutti, campeggia in una delle gigantografie della mostra (©2022 Triennale Milano – foto ©Filippo Romano).

Introdotta da una quadreria dove sono esposti molti disegni originali e racchiusa all’interno di pareti in legno con struttura autoportante sulle quali giganteggiano in bianco e nero quattro delle opere più significative dell’architetto, in qualche modo la mostra trasporta il visitatore all’interno dell’Atelier di Angelo Mangiarotti.

Disegni di Angelo Mangiarotti sono esposti all’ingresso dello spazio espositivo (ph. ©Melania Dalle Grave, Dsl Studio).

Altri disegni sono contenuti nelle bacheche in vetro di due grandi tavoli che sembrano galleggiare nei 600 metri quadrati dello spazio espositivo, mentre il ripiano in legno rende visibili i modelli e i prototipi appoggiati sopra. Sospesi a soffitto, due specchi riflettono gli oggetti sottostanti, rendendo “l’accumulo” protagonista, dove anche un vaso in grandezza naturale e il modello di un edificio alto si confondono tra loro.

Angelo Mangiarotti, disegno per la scultura Divenire da collocare presso lo stabilimento UniFor di Turate. Courtesy Archivio UniFor

Disseminate per l’ambiente, su basamenti bianchi, sono presenti diverse sculture di grandi dimensioni, con una composizione complessiva che gioca molto sulle differenze di scala.

Quando le strutture prendono forma, sviluppata in collaborazione con la Fondazione Angelo Mangiarotti, che ha messo a disposizione le risorse del suo archivio, è realizzata con il sostegno di UniFor (Molteni Group) e di Vetreria Vistosi.

 

Ph. ©Melania Dalle Grave, Dsl Studio

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