Alla fine di questa epidemia sarà forte la tentazione di tornare al business as usual, e dovremo impegnarci perché questo non avvenga, ci dice via skype dalla sua casa di Trieste Raul Pantaleo, che vent’anni fa con Simone Sfriso, Massimo Lepore con Laura Candelpergher ed Enrico Vianello ha dato vita a TAMassociati.
Credo – prosegue Raul – che il virus abbia soltanto accelerato un processo in corso da tempo, obbligandoci a riconsiderare un modello di sviluppo malato perché basato sulla crescita a ogni costo. Un modello incurante dei danni che sta causando all’ambiente e dei danni sociali che la ricerca del profitto come fine ultimo delle nostre azioni comporta.
Sono convinto che l’insegnamento di Serge Latouche delinei la strada maestra da imboccare per ripensare alle forme del nostro sviluppo economico. Suggeriva di farlo per tempo, non l’abbiamo fatto e adesso siamo costretti a una decrescita che possiamo chiamare come vogliamo ma non certo ‘felice’.
Solo oggi cogliamo in tutta la loro drammaticità i frutti avvelenati di decenni di smantellamento dello stato sociale e dell’idea di comunità: riscopriamo l’importanza di una sanità pubblica e il valore – adesso che le scuole sono chiuse – dell’istruzione.
Ci sentiamo in ansia a causa dell’incertezza: non sappiamo quando potremo tornare a uscire di casa e se riusciremo a riprendere il lavoro, ma dopo avere visitato, al fianco di Emergency, i luoghi più disperati del pianeta ti assicuro che l’incertezza è la condizione di vita ‘normale’ della maggior parte dell’umanità.
Noi siamo dei privilegiati e quando questa pandemia finirà mi auguro che rimanga memoria indelebile di questa condizione di privilegio, per tornare ad averne cura.
Il mondo dell’architettura deve prendere atto che il costruito ha un valore sociale. Quando abbiamo fondato TAMassociati abbiamo fatto una scelta netta: lavorare a fianco del terzo settore e agire economicamente come un’organizzazione del terzo settore. Siamo stati fortunati perché le condizioni esistenti ci hanno permesso di fare questa scelta e non dicco certo che tutti gli architetti dovrebbero agire così, ma ogni architetto dovrebbe progettare in maniera utile e sostenibile, che non significa semplicemente costruire edifici con i pannelli fotovoltaici e il verde sul tetto ma ricercare in ogni progetto quel rapporto tra economicità e bellezza che dia un senso al lavoro dell’architetto.
È una questione di credibilità della professione: in quanto architetti oggi non siamo pezzi del meccanismo sociale perché non siamo considerati soggetti utili. Quando si tratta di progettare per far fronte a reali bisogni della società – come gli ospedali di emergenza tirati su in dieci giorni – utile è l’ingegnere, lo specialista di impianti, il geometra.
Quindi per l’architetto il cambio di paradigma parte da qui, dalla capacità di essere parte di un gruppo che affronta una necessità economica e sociale, portando un miglioramento a quel 99% di ambiente costruito solo con logiche economiche o peggio speculative. Il prodotto ‘autoriale’ risponde a logiche diverse ma rimane sempre quel restante uno per cento.
Mi ricordo un insegnamento di Manfredo Tafuri quando studiavo a Venezia. Diceva: l’architetto è come l’avvocato, è sempre “l’architetto di” qualcuno. Ecco, c’è bisogno dell’architetto sociale. Un passo in più dell’architetto condotto di cui parla Renzo Piano: un architetto schierato, consapevole delle urgenze sociali e ambientali da affrontare. Per fortuna vedo che le giovani generazioni di studenti comprendono e condividono questo tipo di approccio. Inoltre vedo i germi di un cambiamento anche nell’economia: quando abbiamo cominciato noi il terzo settore era puro volontariato mentre oggi cresce una categoria di imprese che mettono al centro dei propri valori la responsabilità sociale. Ecco cosa intendo per schierato: avere la capacità di mettersi al servizio di queste nuove forme di economiadal volto umano per contribuire a costruire una società più equa.
TAMassociati
Organizzati tra gli studi di Venezia, Bologna, Trieste e Parigi, i partner di TAMassociati, fondata nel 1996 da Massimo Lepore, Raul Pantaleo, Simone Sfriso, Laura Candelpergher e Enrico Vianello operano in tutta Italia ma anche in luoghi sensibili del mondo: Afghanistan, Sudan, Senegal e campi per rifugiati in Iraq.
Nel 2016 Tamassociati ha curato il Padiglione Italia alla Biennale di Architettura di Venezia, con una chiamata all’azione – dal titolo Taking Care– rivolta a progettisti e sponsor per progettare e realizzare concretamente cinque unità mobili che potessero viaggiare lungo la penisola per portare prima assistenza in contesti disagiati.
Quella di TAMassociati è architettura umanistica: come ripetono sempre, “l’architettura deve essere fatta per le persone, sempre, dovunque, qualsiasi sia il contesto”.