The Wall/El Muro, una mostra sul muro di confine USA/Messico

Cos’è un muro di confine? Quale il ruolo dell’architettura, della pianificazione del territorio e dell’ingegneria quando sono chiamate ad affrontare questioni che vengono definite di sicurezza nazionale?

Sono molte le questioni sollevate dalla mostra inaugurata il 6 novembre scorso (visitabile fino al 6 novembre del 2022) al National Building Museum di Washington ma quella fondamentale, in un tempo in cui è lecito prevedere che anche per effetto del cambiamento climatico il tema delle migrazioni diventerà centrale nell’agenda politica di molti Paesi, è se il fine dell’architettura – il benessere e la felicità delle persone – si persegua costruendo muri o abbattendoli.

Il muro di confine si estende nell’Oceano Pacifico a Ovest del Friendship Park, San Diego, California. Il parco, inaugurato nel 1971 dalla ex-first lady Pat Nixon, un tempo era circondato da una recinzione di rete metallica. Oggi i pilastri verticali hanno una rete d'acciaio tra di loro che inibisce qualsiasi interazione. Photo Credit Sarah A. Leavitt

Il tema è antico e irrisolto. Per definizione, i muri rappresentano la protezione (le ‘quattro mura domestiche’) ma non esiste muro capace di fermare masse di persone che hanno già perso tutto. E anche i confini mutano: sono invenzioni disegnate sulla carta, e anche quando seguono confini naturali come il corso del rio Grande mutano come il fiume, che alterna periodi di siccità a inondazioni spostandosi anno dopo anno.

In un viaggio senza precedenti – fatto di video, fotografie, oggetti, infografiche – lungo il confine tra Messico e Stati Uniti, The Wall/El Muro affronta il contesto americano da un punto di vista ampio e documentato che solleva questioni etiche, emotive, di gestione del territorio e del consenso che oggi si pongono per molti confini – da Lampedusa alla Bielorussia, da Israele alla Turchia al canale della Manica.

Infografiche accompagnano il percorso di visita della mostra (Elman Studio).

Immersi in un ‘paesaggio sonoro’ fatto del ronzio degli insetti e degli onnipresenti droni vicino al muro a Otay Mesa, in California, i visitatori sentiranno le testimonianze dirette di adolescenti che hanno attraversato il confine, vedranno una sezione reale a grandezza naturale della recinzione di confine che una volta si trovava tra Calexico in California e Mexicali, nella Baja California messicana.
E potranno toccare l’altalena disegnata per i bambini di entrambe le nazioni premiata come Design of the Year 2020 dal Design Museum di Londra.  O gli oggetti personali dei migranti abbandonati nel deserto di Sonora.
Le infografiche raccontano l’espansione del muro, il suo costo e l’impatto ambientale e sociale.

Una famiglia si riunisce con I parenti dall’altro lato del muro a Tijuana, Baja California, novembre 2019. Sul lato Usa ogni weekend la doppia barriera viene aperta per alcune ore per consentire alle persone di vedersi attraverso la rete metallica. Credit Sarah A. Leavitt.

«I confini sono luoghi inventati e immaginari – dice la curatrice Sarah A. Leavitt – cambiano nel tempo e sono controllati in modo diverso nel tempo. Ciò che sta accadendo al nostro confine è importante ed era importante iniziare a raccontare questa storia. È a questo che dovrebbero servire i musei: a guidare questo genere di riflessioni».

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