La realtà con cui gli architetti dello studio italiano Arcò-Architettura e Cooperazione si sono confrontati nell’affrontare il progetto di riqualificazione di una scuola per la comunità beduina Jahalin di Wadi Abu Hindi in Palestina presenta caratteristiche degne di una missione impossibile. Come rendere climaticamente confortevole una struttura in lamiera in territorio desertico con un budget inesistente e i vincoli delle autorità militari israeliane, che impongono di conservare esattamente come sono volume, ingombri e involucro di qualsiasi preesistenza? Basandosi su un approccio estetico alla realtà in cui si opera, dove per “estetico” si intende sensibile alle caratteristiche contingenti. È questa la filosofia alla base di un progetto di riqualificazione divenuto realtà grazie alla rete di relazioni e di reciproca fiducia costruita dalla ONG Vento di Terra con le comunità locali, che hanno avuto un ruolo attivo nell’organizzazione e nella realizzazione del progetto, e a un processo di training in progress su nuove tecnologie costruttive economiche e sostenibili realizzabili autonomamente dagli abitanti del luogo. Tale connubio tra metodo di lavoro sperimentale, tecniche a basso contenuto tecnologico e l’impiego delle risorse locali è valsa al progetto di Arcò il Silver Holcim Award for Sustainable Construction Africa and Middle East agli Holcim Awards 2011 e la menzione al Premio Medaglia d’oro all’Architettura Italiana 2012 nella sezione Architettura ed Emergenza.
Materiali poveri e tecniche di autocostruzione per un risultato ad alta efficienza energetica (foto Andrea&Magda Photographers) |
L’obiettivo principale della progettazione era quello di fornire l’edificio di un adeguato isolamento termico e di un sistema di ventilazione naturale in grado di contrastare le condizioni climatiche estreme del luogo, sottoposto a notevoli sbalzi termici (da 0° a 45°). La copertura esistente è stata sostituita con lastre di pannelli sandwich, sollevando e inclinando il tetto per creare finestre a nastro di diversa altezza che permettano la naturale circolazione dell’aria e una corretta illuminazione degli ambienti. Le pareti esterne sono state isolate ideando un metodo veloce, economico e sostenibile per la realizzazione di un pacchetto murario multistrato dello spessore di 34 cm che riutilizza la lamiera preesistente e reinterpreta la tecnica del “pisè” (murature continue di terra umida mista a paglia compattata tra casseri paralleli). Tale metodo, prima sperimentato in un workshop in Italia, è stato illustrato passo passo in un libretto di istruzioni messo a disposizione degli abitanti della comunità per consentir loro di procedere autonomamente alla costruzione in soli due mesi. Sulla lamiera gregata preesistente è stata montata un’intelaiatura per creare un interstizio da riempire con un composto di fango e paglia: la spinta di tale strato è schermata da un cannucciato di bambù. Visto in sezione dall’interno, il muro presenta dunque uno strato di intonaco in calce di rivestimento, il cannucciato di bambù, lo strato di argilla e paglia, la lamiera zincata preesistente, un’intercapedine d’aria e per concludere un pannello schermante esterno sempre in bambù. Queste pareti ventilate autoprodotte sono in grado di assicurare una differenza di temperatura tra esterno e interno di circa 20°. Per la separazione interna tra le aule, le vecchie divisioni in lamiera sono state sostituite da nuovi muri in mattoni di terra cruda della Valle del Giordano rivestiti con intonaco di calce bianca.
I soci di Arcò (dall´alto): Alberto Alcalde (Barcellona, 1980), Carmine Chiarelli (Bari, 1979), Alessio Battistella (Este, 1971), Claudia Romano (Bari, 1980), Valerio Marazzi (Milano, 1979), Luca Trabattoni (Lodi, 1978), Diego Torriani (Milano, 1980) |
Arcò – Architettura e Cooperazione
Arcò è un gruppo fondato nel 2009 da giovani architetti e ingegneri che contribuiscono al mondo della cooperazione internazionale per affrontare sfide progettuali in situazioni d’emergenza. La sostenibilità è declinata in senso sociale, economico e ambientale, favorendo misure di autocostruzione da parte degli abitanti, tecniche per il riciclaggio e l’utilizzo di materiali poveri, scegliendo fonti energetiche rinnovabili e applicando principi di bioarchitettura. L’obiettivo fondamentale di ogni progetto è quello di trasmettere conoscenze e competenze attraverso la riappropriazione consapevole delle tecniche e delle culture dei luoghi in cui si interviene.