Anupama Kundoo, Gilles Clément, Dorte Mandrup, lo studio Yalin e Martin Rauch sono i vincitori 2022 del Global Award for Sustainable Architecture, il premio istituito nel 2006 da Jana Ravardin con la Cité de l’architecture & du patrimoine come partner culturale e che dal 2010 gode dell’alto patronato dell’Unesco.
Nella convinzione che l’architettura sia un attore-chiave dell’emancipazione sociale il premio promuove la ricerca, la sperimentazione e la formazione nei settori dell’architettura, del rinnovamento urbano e della responsabilità sociale accademica.
Anupama Kundoo
Architetto indiano di origine bengalese, Anupama Kundoo ha studiato a Bombay e a Berlino. Il suo ufficio ha sede a Berlino e ad Auroville, la famosa città sperimentale costruita in India da Roger Anger, di cui ora è urbanista capo.
‘Right-tech’ invece di ‘high-tech’: secondo Anupama Kundoo ecologia e sviluppo formano un binomio inscindibile. Considerando inaccettabile che l’innovazione tecnologica sia accessibile solo a una minoranza di paesi ricchi, inventa materiali e tecniche efficaci e sviluppate a livello locale, da convinta sostenitrice del microsviluppo.
Il suo lavoro è un’instancabile opera di dialogo: tra il locale e l’universale; tra la storia delle civiltà e il loro imprevedibile futuro; tra l’ingegno della tradizione e la tecnologia contemporanea. Oltre che bella, la sua architettura è inventiva.
Gilles Clément
Ingegnere orticolo, botanico e architetto del paesaggio, Gilles Clément è una figura di spicco nel dibattito ecologico globale. Basato su solide conoscenze, il suo lavoro propone nuove formule di costruzione del paesaggio basate sulla libera evoluzione delle specie anziché sul loro asservimento a un modello imposto. Mentre ama intervenire su grandi siti naturali o storici, Gilles Clément lavora molto anche sui rimedi ecologici e sociali delle città e dei brownfield.
con i suoi libri e trattati Clement ha offero una nuova visione a paesaggisti, funzionari pubblici e architetti. Il suo Manifesto del terzo paesaggio fa della natura un alter-ego del Terzo Stato secondo l’Abbé Sieyès: un Tutto trattato come un Nulla. Invece di sfruttare eccessivamente la natura, secondo Gilles Clément è giunto il momento di lasciare che campo libero alle specie e alla biodiversità naturalizzando gli spazi pubblici e di risulta delle città.
Dorte Mandrup
Dorte Mandrup si è fatta conoscere in tutto il mondo per la bellezza dei suoi progetti e dei siti dove sorgono, come i ghiacci della Groenlandia che rivestono un valore universale da lei stessa definito “insostituibile”.
L’architetto danese affronta la costruzione ecologica come una scienza. Studia le caratteristiche e le proprietà di materiali naturali come il legno o la paglia e spinge l’innovazione tecnica per progettare architetture in grado di affrontare l’incombente sfida del cambiamento climatico.
Amante dell’arte e delle scienze naturali, Mandrup è un architetto umanista: non nel senso dell’uomo al centro del mondo ma della responsabilità collettiva della sua conservazione. Una responsabilità che va oltre la questione tecnologica.
Le sue opere suscitano emozione di fronte all’insostituibilità della natura e alla consapevolezza di doverla proteggere.
Yalin Architectural Design
In turco, ‘Yalin’ significa ‘semplicità, umiltà’. Fondato dall’architetto Ömer Selçuk Baz e dall’urbanista Okan Bal, la sobrietà che Yalin ricerca comporta un approccio estetico ma anche politico. In Turchia, lo studio combatte contro quelli che definisce “crimini urbani”: un’assenza di regole e di etica che porta a radere al suolo la città vecchia a vantaggio di una “architettura da vetrina”, mentre la periferia si trasforma in caos.
Come scuola di semplicità, Yalin si concentra sullo sviluppo di siti naturali e culturali.
Il metodo è che ogni progetto è radicato nel suo territorio, che è anche un ambiente umano, perché per costruire gli edifici, Yalin visita le cave e le fornaci vicine, facendo rivivere mestieri artigianali che vanno scomparendo.
L’architettura organica di Yalin continua a svilupparsi anche dopo la fine del cantiere, in sintonia con il paesaggio in cui è immersa. È un’architettura profondamente legata alla geografia, allo spirito del luogo e alle attività che vi si svolgono.
Martin Rauch
Dell’originario mestiere di ceramista, è l’argilla il materiale che ha condotto Martn Rauch verso l’architettura e le costruzioni. Rauch conobbe per la prima volta le capanne di argilla durante un servizio di volontariato in Africa. In seguito, con la sua impresa Lehm-Ton-Erde (letteralmente, fango, argilla, terra) ha portato in Europa la ricchezza culturale e tecnica della costruzione in terra cruda.
Ecologista convinto, oltre che esteta, Rauch estrae l’argilla dal sito del cantiere, ristabilendo un legame tra edificio e paesaggio. Autodidatta, ha trasformato l’argilla in un materiale contemporaneo, inventando macchine per la prefabbricazione di muri e avviare costruzioni in terra su larga scala.
Oggi Martin Rauch è un esperto consultato da grandi architetti come Herzog & de Meuron, Lina Ghotmeh, Anna Heringer, Snøhetta.