Porte della Speranza, dieci opere d’arte promosse dalla Santa Sede per le carceri

«La Chiesa avverte come propria missione la responsabilità di andare incontro delle persone in situazioni di detenzione per annunciare loro il Vangelo della speranza – spiega il Cardinale José Tolentino de Mendonça, Presidente della Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis e Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede. Non possiamo dimenticare né la popolazione carceraria né la realtà istituzionale che il carcere rappresenta. Anzi, vogliamo contribuire per svegliare la coscienza della nostra comune responsabilità di custodi della speranza. Quando ci guardiamo come fratelli, avviene la comune tessitura della speranza».

È questo il senso dell’iniziativa presentata ieri in conferenza stampa (nella foto di apertura, da sinistra con Monsignor Davide Milani, il Prof. Stefano Carmine De Michele, il Cardinale José Tolentino de Mendonça e il Prof. Davide Rampello) che, traendo ispirazione dall’apertura della Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia, avvenuta all’inizio del Giubileo, affida a interpreti di rilievo la creazione di dieci Porte – 8 in Italia e 2 in Portogallo, da collocare davanti ad altrettanti istituti penitenziari, dove saranno visibili a tutti.

Le Porte approfondiscono il dialogo tra arte, educazione e attenzione agli ultimi, inaugurato nel segno della speranza da Papa Francesco e rilanciato da Papa Leone XIV sin dall’inizio del suo pontificato e nell’Esortazione Apostolica Dilexi Te.

In Italia, il progetto prevede l’assegnazione a un’eterogenea rosa di interpreti: Michele De Lucchi  per il carcere di San Vittore di Milano; Fabio Novembre per la sezione femminile di Borgo San Nicola di Lecce; Gianni Dessì a Regina Coeli a Roma; Mario Martone a Venezia (Santa Maria Maggiore; Massimo Bottura per il carcere Pagliarelli di Palermo; Stefano Boeri per Canton Mombello di Brescia; Mimmo Paladino a Napoli Secondigliano; Ersilia Vaudo Scarpetta a Reggio Calabria.

Gli interpreti, in accordo con la direzione delle carceri, entreranno in dialogo con i detenuti e tutta la comunità carceraria, lasciandosi così coinvolgere dalla realtà visitata che poi ospiterà l’opera, per tradurre in forma artistica la propria visione.

Il progetto, di cui è direttore artistico Davide Rampello, si realizza in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia della Repubblica Italiana, diretto dal Pres. Stefano Carmine De Michele che dichiara: «Le Porte della Speranza è molto più di una iniziativa artistica. è un cammino. Un cammino che attraversa simbolicamente le mura del carcere, aprendole alla luce del dialogo, dell’ascolto, della bellezza e soprattutto della dignità umana. Questo progetto nasce in piena coerenza con le finalità del trattamento penitenziario che nella nostra costituzione non si esaurisce nell’esecuzione della pena, ma mira al reinserimento sociale della persona detenuta attraverso un percorso di rieducazione e crescita».

Le opere saranno realizzate in alcuni materiali specifici – metallo, pietra e legno – elementi che evocano sacrificio, alcuni simboli della fede, la possibilità di rigenerazione.

Il processo realizzativo verrà sostenuto da qualificati partner e da importanti artigiani che collaboreranno con gli autori che firmeranno il progetto. Cruciale è infatti la disponibilità di aziende come KME Italy che si occuperà del rame; Riva1920 che provvederà al legno; Margraf che avrà in carico la trasformazione del marmo; Bianco Cave per l’estrazione e lavorazione di pietra leccese; l’ingegner Maurizio Milan con Buromilan per gli aspetti tecnici dei progetti e le loro certificazioni e lo Studio FM Milano Sergio Menichelli per la realizzazione dell’emblema delle Porte della Speranza, presentato durante la conferenza stampa.

Il progetto Porte della Speranza è realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo. Come spiega il presidente Giovanni Azzone: «Siamo molto vicini ai bisogni delle persone che vivono in carcere. Favorendo percorsi di inclusione per queste persone, a partire da iniziative culturali ma anche di formazione al lavoro, possiamo ritenere concreto il loro reinserimento nella società. Abbiamo dunque accolto immediatamente il progetto perché funzionale agli obiettivi di una fondazione filantropica come la nostra, che ha la funzione di utilizzare le risorse accumulate dalle comunità per renderle più forti».

© 2020 IoArch. All Rights Reserved.

Scroll To Top