The Beauty of Impermanence: la Triennale di Architettura di Sharjah

Con il titolo The Beauty of Impermanence: An Architecture of Adaptability, prosegue fino al 10 marzo 2024 la seconda edizione della Triennale di Architettura di Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti.
Curata dall’architetto nigeriana Tosin Oshinowo (Oshinowo Studio), la Triennale presenta, in diversi luoghi della città e del vicino deserto, le mostre e le installazioni di 30 gruppi di architetti e designer provenienti da 26 differenti nazioni.

L’intento della mostra è quello di esplorare soluzioni progettuali costruite a partire dalle condizioni di scarsità che caratterizzano il Sud del mondo per riorientare, a partire da esse, il dibattito globale sulla sostenibilità con esempi basati su un’idea di rigenerazione e circolarità che lavori con la natura.

 

Collab – Henry Glogau & Aleksander Kongshaug, Render di Resource Autonomy.

 

Tre i principali filoni del programma espositivo: Rinnovamento contestuale, con progetti che illustrano la versatilità dei materiali naturali – terra cruda, materiali di scarto – come risorse per costruire architetture resilienti; Politiche estrattive, con mostre e progetti – tra cui Cambio-Seeing the Wood for Trees, con cui Formafantasma investiga le origini dell’industria del legno nella prospettiva coloniale del diciannovesimo secolo – che registrano e documentano i modi nei quali l’estrazione e l’appropriazione di risorse dal Sud globale da parte dell’Occidente coloniale abbiano limitato lo sviluppo di Asia e Africa approfondendo il solco che separa Nord e Sud del mondo; e Corpi immateriali, con progetti che rivelando la natura mutevole – the beauty of impermanence, appunto – dell’interazione della civiltà con l’ambiente propongono nuove possibili forme di integrazione tra ambienti urbani e paesaggi naturali.

Formafantasma, Still da “Cambio – Seeing the Wood for the Trees” (2020-2023).

 

Gli studi, i professionisti e le organizzazioni che partecipano alla triennale di Architettura di Sharjah:

51-1 Arquitectos (Peru); Abeer Seikaly (Giordania); Adrian Pepe (Honduras/Libsno); Al Borde (Ecuador); Art and Culture Development Foundation of the Republic of Uzbekistan (Uzbekistan); Asif Khan Studio (UK); Bubu Ogisi (Nigeria); Buzigahill (Uganda); Cave_bureau (Kenya); Collab: Henry Glogau & Aleksander Kongshaug (Danimarca/Nuova Zelanda); Daar – Sandi Hilal e Alessandro Petti (Italia/Palestina/Svezia); Dia Mrad (Libano); Formafantasma (Olanda); Hive Earth (Ghana); Hunnarshala Foundation con Aabhat e Aina (India); Limbo Accra (Ghana); Miriam Hillawi Abraham (Etiopia); Papa Omotayo & Eve Nnaji Moe+Aa/Add-apt (Nigeria); Natura Futura (Ecuador); Nifemi Marcus-Bello (Nigeria); Ola Uduku e Michael Collins (Nigeria/UK); Olalekan Jeyifous (USA/Nigeria); Ruína Architecture (Brazil); Sandra Poulson (UK/Angola); Sumaya Dabbagh (Saudi Arabia/UAE); Thao Nguyen Phan (Vietnam); Thomas Egoumenides (Francia/Tunisia); Wallmakers (India); Yara Sharif & Nasser Golzari (Palestina/UK); Yussef Agbo-Ola (UK e Brasile).

 

Hunnarshala Campus, Bhuj. Ph. courtesy of Andreas Deffner.

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