ZAHA HADID ALLA FONDAZIONE BERENGO

In coincidenza con la Biennale Architettura apre il 27 maggio a Palazzo Franchetti, organizzata dalla Fondazione Berengo, una grande mostra che ripercorre la carriera e il lavoro di Zaha Hadid e dello studio che porta il suo nome.

Attraverso i progetti di Zaha Hadid – costruiti, in costruzione o rimasti non realizzati, la mostra mette in luce la qualità della ricerca e la tensione che hanno caratterizzato il lavoro dell’architetto – prima donna a ricevere il Premio Pritzker – recentemente scomparsa.

Nei suoi primi anni Hadid esplorò a fondo le tecniche compositive della frammentazione, del layering e della porosità sperimentate dall’avanguardia russa.

Tecniche che influenzarono la sua opera successiva e i lavori dello studio, come spiegò lei stessa: «trent’anni fa avvenne la prima evoluzione dei miei dipinti perché ritenevo che il disegno architettonico richiedesse un grado di distorsione e di frammentazione molto superiore a quello che prevedono i disegni tradizionali. Questo nuovo modo di disegnare portava a scoprire aspetti interessanti e nascosti. A volte non sapevamo a quale risultato ci avrebbe condotto la ricerca, ma sapevamo che c’era qualcosa e che tutti gli esperimenti ci avrebbero portato a perfezionare il progetto. Possiamo impiegare anche dieci anni per far evolvere uno schizzo in 2D in un reale ambiente di progettazione e poi in un edificio costruito, e si tratta di esperienze sempre molto coinvolgenti, perché gli esiti sono imprevedibili. Per esempio, nei miei disegni ero solita disegnare linee tratteggiate, che poi diventarono modelli striati e alla fine diventarono i diagrammi per il Maxxi. Quindi anche un’idea così semplice può evolversi e are i suoi frutti dopo un lungo arco di tempo. Realizzare i disegni era un processo lento, perché richiedeva un’alta concentrazione e precisione, ma l’intero processo portava a idee, mettendo un foglio sull’altro e tracciando e ritracciando, in qualche modo era una forma di archeologia al contrario, dove la distorsione nel disegno può portare alla distorsione dell’edificio. Un processo in altre parole che si traduceva letteralmente nella costruzione».

Malevich Tektonik, 1976/77 ©Zaha Hadid Architects. Per la sua tesi di laurea all’Architectural Association, Zaha Hadid cercò di esplorare il “fattore di mutazione” per le funzioni di un albergo da costruire su un ponte sul Tamigi. Più di recente, alcune di queste tettoniche hanno preso forma concreta in alcune installazioni della mostra Great Utopia al Guggenheim, mentre è stato sviluppato il progetto Habitable Bridge per uno sviluppo mixed-use sopra il Tamigi.

I lavori esposti alla Fondazione Berengo includono la Tettonica di Malevich(1976-77), un lavoro che Zaha Hadid realizzò al quarto anno di studi all’Architectural Association di Londra, i progetti non realizzati del Peak Club a Hong Kong (1982-83), di Hafenstrasse ad Amburgo (1989); i Grand Buildings per Trafalgar Square del 1985; il masterplan Victoria City per Berlino (1988) e l’Opera House di Cardiff del 1994-95.

Come ella stessa ebbe modo di affermare «negli anni Ottanta/Novanta partecipavamo a un concorso dietro l’altro ma non ne vincevamo nessuno, sembra quasi che ci fosse una maledizione sui lavori dello studio». 

Victoria City, vista aerea, 1988 ©Zaha Hadid Architects. Progetto per la riqualificazione di un’area centrale di Berlino, irrisolta fin dal 1956, quando non venne portato a conclusione il progetto urbanistico di Hans Dammer. Un altro dei concorsi cui Zaha Hadid partecipò senza esito negli anni Ottanta. Qui Zaha Hadid suggeriva come strategia di intervento la necessità di intensificare la densità urbana orizzontale esplorando l’idea di creare foyer urbani. Perciò il sito veniva diviso in nuovi corridoi aerei con tre zone distinte che contenessero le tre funzioni principali (commerciale, direzionale e alberghiera).

 

Vengono poi le prime opere realizzate, a cui è dedicata una stanza di Palazzo Franchetti: la stazione dei pompieri del campus Vitra a Weil am Rhein del 1993, il Centro Rosenthal per l’Arte Contemporanea di Cincinnati completato nel 2003 e il Maxxi, quando la sperimentazione su carta lascia il posto all’uso del computer, con una forte accelerazione della produttività.

Un altro spazio della mostra è riservato alle fotografie di Hélène Binet. Avviata nel 1992 con il primo servizio sulla stazione dei pompieri della Vitra, la relazione tra la fotografa svizzera e Zaha Hadid prosegue ancor oggi (il suo ultimo servizio riguarda la Stazione Marittima di Salerno inaugurata il mese scorso).

Il mondo (89 gradi), 1983 ©Zaha Hadid Architects. «Il risultato di sette anni di ricerca in territori inesplorati dell’architettura che avviai da studente all’Architectural Association. Il rapido sviluppo della tecnologia e i continui cambiamenti dei nostri stili di vita hanno creato uno scenario nuovo e interessante per il mondo delle costruzioni, e in questo nuovo genere di mondo sentivo di dover investigare gli esperimenti abortiti del Moderno, non per resuscitarli ma per portare in luce nuovi aspetti degli edifici. Questo lavoro comprende ed espande i progetti sviluppati negli ultimi sette anni» (Zaha Hadid).

 

Infine, sono in mostra con render, disegni e modelli tutti i lavori dello studio ancora in corso, dagli uffici dell’autorità portuale di Antwerp che sarà inaugurata il 22 settembre al centro ricerche sul petrolio e l’energia King Abdullah di Riyadh alla Galleria della Matematica (grande passione di Zaha) per il Museo delle Scienze di Londra, le cui forme e spazi sono il risultato di un flusso collaborativo costante tra progettazione e fabbricazione messo a punto dallo studio che va sotto il nome di CODE.

«I progressi che il calcolo computazionale ha portato all’architettura sono incredibili, favorendo la collaborazione, la precisione e il controllo, sia all’interno degli edifici sia nelle loro relazioni con il contesto. Ho impiegato vent’anni a convincere gli altri a fare tutto in 3D e ora finalmente tutti lavorano in 3D sul computer. Ma continuano a pensare che un piano sia una sezione orizzontale, mentre non è così: il piano ha bisogno di essere organizzato mediante un diagramma» spiegava Zaha Hadid.


Zaha Hadid

Dove Palazzo Franchetti, Campo Santo Stefano, Venezia

Quando 27 maggio – 27 novembre, lun-dom 10:00 – 18:00

Ingresso 10 euro

 

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